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venerdì, 20 Dicembre, 2024

I misteri della cappella Sansevero parte III

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di Stefano Sannino

Le macchine anatomiche della cappella Sansevero precedono per reputazione tutto l’insieme di sculture presenti al piano superiore. Il fascino misterico e macabro di questi reperti, attira milioni di visitatori e ha reso la cappella celebre in tutto il mondo.
Questi due studi anatomici, uno di sesso maschile ed uno di sesso femminile presentano oltre all’apparato osseo, anche l’apparato arterovenoso perfettamente integro e furono realizzate dal medico Giuseppe Salerno. Secondo un opuscolo del settecento, oltre alle due macchine anatomiche era presente un terzo studio di un feto, con placenta annessa. I resti del feto erano visibili fino a pochi decenni fa, finché non furono trafugati.
Secondo una leggenda, pare che il perfetto stato di conservazione delle macchine anatomiche sia stato raggiunto grazie ad un’iniezione misteriosa, che avrebbe “metallizzato” i vasi sanguigni dei cadaveri utilizzati.
Tale leggenda, sicuramente nasce dal mistero che avvolge la figura del Principe di Sangro, in parte alchimista, in parte mago, in parte scienziato.
Perfino Benedetto Croce racconta come secondo un’altra leggenda, i due corpi utilizzati per le macchine anatomiche, appartenessero a due servi del Principe Raimondo di Sangro, che furono fatti uccidere appositamente per questo scopo.
Nella realtà dei fatti, il sistema arterovenoso dei due studi è frutto di un processo di ricostruzione attraverso cera d’api e coloranti. Nonostante la caduta del mito “oscuro” che avvolgeva queste due misteriose opere di medicina, è comunque notevole notare la precisione con cui sono stati riprodotti dal medico palermitano anche i vasi sanguigni più sottili, denotando una conoscenza anatomica estremamente accurata, probabilmente frutto di alcuni esperimenti per iniezione antecedenti alle ricostruzioni in questione.
Non a caso, queste due “opere” sono inserite nella cavea della cappella, conosciuta con il nome di Stanza della Fenice. La Fenice è da sempre simbolo di immortalità e rinascita e dimostra allo spettatore non solo l’interesse di carattere medico che Raimondo nutriva per l’essere umano, ma finanche una ricerca quasi alchemica ed occulta.

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