Nel quadro del green deal, la Commissione UE, nelle scorse settimane ha presentato due piani complementari, il Critical Raw Materials Act e il Net Zero Industry Act, rispettivamente per un approvigionamento sicuro alle materie prime, definite “critiche” e per la produzione di tecnologie pulite.
Il primo dei due piani, il Raw Material Act, ha come obiettivo quello di facilitare il reperimento di materie prime “critiche”, ossia materie la cui domanda è in costante aumento e che in un futuro prossimo potrebbero scarseggiare, minacciando così la competitività di molti settori, nevralgici e poliedrici, delle industrie europee, in cui vengono utilizzati, tra questi possiamo annoverare quelli più richiesti come il nichel, il litio, il tungsteno ed il magnesio. Questo piano espressamente prevede che l’Unione Europea, entro il 2030, non usi oltre il 65% di materie essenziali, provenienti da un singolo paese terzo, anche se non se ne fa espressa menzione, sembra che questo passaggio senza alcun dubbio, riguardi proprio la Cina, che negli ultimi anni è sempre più predominante nell’export delle materie prime.
Altro obiettivo prefissato dal Raw Material Act, è quello relativo all’estrazione interna all’Unione Europea di almeno il 10% delle materie critiche da utilizzare per il proprio fabbisogno, e tale piano è affiancato da un ulteriore quadro regolamentare finalizzato a selezionare progetti di estrazione, raffinazione e riciclaggio delle predette materie, che a loro volta sarebbero soggette ad iter autorizzativi più snelli e rapidi, in modo da incentivare e far proliferare tali iniziative, considerate necessarie per la piena attuazione della transizione ecologica europea, in ossequio al green new deal, in atto.
Mentre il secondo dei due piani presentati, il Net Zero Act, necessario per stimolare l’industria europea delle tecnologie green, ha come obiettivo quello di produrre, entro il 2030, all’interno dell’Unione Europea, almeno il 40% delle tecnologie pulite, necessarie per una svolta concreta verso una completa transizione ecologica.
L’Unione sembrerebbe finalmente pronta ad agevolare ed incentivare poderosamente i progetti che includano le tecnologie “pulite”, come il fotovoltaico, l’eolico, la produzione di biogas e persino l’idrogeno, ovvero ogni fonte energetica a zero emissioni, tecnologie necessarie per portare l’Unione verso la decarbonizzazione, anche se non sembra essere contemplato, in modo diretto, anche il nucleare. All’uopo, va però evidenziato che seppur il nucleare non sia espressamente incluso in modo chiaro negli allegati di questo piano, quando ci si sofferma sulle tecnologie strategiche a zero emissioni, si parla anche di moderne tecnologie di produzione energetica derivante da processi nucleari con scorie minime e di piccoli reattori, classificati, appunto, come nucleare di quarta generazione.
Alla luce di una breve e sintetica lettura di entrambi i piani, sembrerebbe che l’Esecutivo Comunitario, voglia finalmente accelerare, con atti concreti e propulsivi, la svolta europea dell’industria pulita, semplificando ed intensificando tutti i processi produttivi necessari per una completa transizione ecologica, infatti i piani, come anzidetto, prevedono espressamente il ricorso ad autorizzazioni semplificate e veloci, anche attraverso l’istituzione di un apposito sportello unico a cui potranno rivolgersi, durante tutto l’instaurando iter amministrativo necessario, di cui possono avvalersi, sia gli investitori che le industrie interessate. Stante ai dettati dei predetti piani complementari, anche le pubbliche amministrazioni europee, che ogni anno spendono oltre 2 miliardi di euro, per l’acquisto di beni e servizi, avranno un ruolo sempre più centrale e decisorio nei processi transizionali, potendo decidere di incentivare e favorire, l’acquisizione e l’utilizzo delle soluzioni ritenute più ecosostenibili e circolari.
Su questo versante si evidenzia altresì, che il Legislatore Comunitario, in merito ai finanziamenti pubblici finalizzati ad incentivare la transizione verde, ha voluto dare un impulso concreto, accelerando l’erogazione degli stessi e garantendo condizioni paritarie all’interno del mercato unico, volendo tangibilmente agevolare in tal modo gli Stati membri, affinchè gli stessi possano ottenere più facilmente gli aiuti necessari per rilanciare l’industria green e soprattutto tutelare il mercato europeo dal potenziale pericolo di un commercio sleale nel settore delle “tecnologie pulite”.
di Francesco Della Corte