di Roberto Donghi
Se ne sta parlando molto, in bene ed in male così come in bene ed in male si parla ancora del suo protagonista. Hammamet, il film di Gianni Amelio da poco uscito nelle sale, ricalca in pieno i sentimenti ed i pensieri che da venti anni riguardano l’opinione pubblica nazionale: è infatti un film che si ama o che si odia, che non lascia indifferenti, esattamente come faceva Craxi.
E’ come il ritratto di Bonaparte a Sant’Elena, impegnato a difendersi, a riscrivere una storia che pareva essere già stata scritta dai suoi nemici ed al contempo impegnato con un silenzioso e mai ammesso confronto con se stesso, con i sogni e le speranze di una vita oramai giunta al termine, combattendo contro un’impotenza sia fisica che politica.
E’ un film, che a differenza delle aspettative di molti, non parla del Presidente Craxi, ma parla di Benedetto, l’uomo, lasciando la politica e le rivelazioni ai tanti documenti che già abbiamo, per concentrarsi invece sugli ultimi giorni di una persona in esilio.
Ed è proprio questo il vero protagonista: l’uomo. Hammamet è la struggente rappresentazione di un sipario che cala su un mondo, sulle idee, sugli obiettivi e sulle speranze che per tutta una vita avevano retto e guidato Craxi. E’ il racconto di una profonda solitudine incolmabile, di una figura combattuta tra il continuare una guerra ad oltranza per difendersi e la consapevolezza di essere oramai isolato ed inascoltato.
E’ un film profondo e che raggiunge il cuore grazie alla perfetta ambientazione della vera casa di Hammamet e soprattutto grazie alla capacità dei truccatori ed alla capacità recitativa impressionante di Favino, la quale trascende anche il trucco grazie ad una voce e ad una gestualità perfettamente craxiane, che a tratti confondono, facendo pensare di essere al cinema per vedere un documentario con il vero Craxi.
E’ un film che deluderà chi è in cerca di verità nascoste o giudizi lapidari, non c’è nessuna pretesa in questo senso, poiché lascia spazio sia alla foga popolana che urla “ladro, ridacci i nostri soldi” sia alle riflessioni, più o meno obiettive, di Craxi e delle sue scelte. C’è spazio per le contraddizioni, per la lotta, ma anche – e soprattutto – per la disperazione e le tacite prese di coscienza. E’ dunque un film da vedere senza pregiudizi di alcun tipo.
E’ un film umano, che ci fa sentire vicini alla sofferenza di un uomo che è stato grande e che ha perso, ma che ancora lotta, contro tutto e tutti, per far sentire la propria verità.
E’ un film che indubbiamente ha il grande pregio di tenere viva la memoria, di aprire magari ad analisi storiche, imparziali su Benedetto uomo e Bettino politico, nella speranza che finalmente questo paese di caciara riesca a fare i conti con un passato molto più complesso di quanto si voglia continuare a credere.