di Alessandro Giugni
Il 17 marzo 2021 la Commissione europea ha ufficialmente presentato la proposta legislativa volta alla creazione del Digital Green Certificate, grazie al quale sarà possibile ricominciare a spostarsi liberamente tra gli Stati UE. Da quanto si apprende dal testo della proposta in questione, sarebbero tre le condizioni, alternative tra loro, che dovrebbero essere rispettate ai fini del rilascio del Green Pass: 1) essere vaccinati con uno qualsiasi dei vaccini approvati dall’EMA; 2) essere negativi a un tampone; 3) essere guariti dal Covid (da provarsi tramite un test sierologico).
L’introduzione di un passaporto vaccinale e la subordinazione della libertà di circolazione al suo rilascio, però, determina l’insorgere di una serie di problemi (soprattutto di natura giuridica).
Il primo è da ravvisarsi nella scarsità dei vaccini distribuiti e somministrati in Europa. A oggi, infatti, si contano 180mln di dosi prodotte in UE, delle quali ben 77mln sono state esportate verso paesi poveri. Considerando che la popolazione europea ammonta a 446mln di abitanti, tenendo conto dei continui tagli delle forniture da parte delle società farmaceutiche e data la lentezza nella somministrazione (a oggi sono state inoculate solo 62mln di dosi), appare utopistico credere alle parole del commissario europeo Thierry Breton, secondo il quale entro luglio sarà raggiunta l’immunità di gregge nel Vecchio Continente.
Un problema giuridico è, invece, intrinseco nella proposta della Commissione europea. Essa ha, infatti, previsto che ogni Stato Membro sarà legittimato a introdurre limitazioni (un periodo di quarantena o un ulteriore test all’arrivo) per coloro i quali decideranno di entrarvi seppur muniti del Green Pass. A fronte di siffatta deroga, viene da chiedersi quale sarebbe la differenza rispetto alla situazione attuale, considerando che, come dimostrato dal recente caso dei cittadini tedeschi in vacanza a Maiorca, anche oggi è possibile spostarsi da uno Stato all’altro a seguito di un tampone negativo.
Il problema giuridico di maggior rilevanza sorge, però, con riferimento alla compatibilità del passaporto vaccinale sia con l’art.32 Cost. sia con la libertà di circolazione delle persone sancita dall’art.45 TFUE. È il Garante delle Privacy a ricordare come parlare di obbligatorietà vaccinale confligga con la libertà di autodeterminazione (sancita dagli artt. 8 e 9 CEDU) di coloro i quali, pur senza alcuna ideologia no vax (es. coloro i quali non possono essere vaccinati in quanto allergici), decidano di non vaccinarsi. Inoltre la subordinazione della circolazione al rilascio del Green Pass e la possibilità per i Paesi Membri di introdurre condizioni ulteriori per il valicamento dei loro confini tradirebbe la libertà ex art.45 TFUE e metterebbe in crisi tanto il principio posto a fondamento dello Spazio Schengen quanto la ragione prima dell’esistenza dell’UE.