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sabato, 23 Novembre, 2024

GOSSIP D’ARTISTA Parte Quinta

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di Fabiola Favilli

Tra gli artisti non sono di certo mancate rivalità e colpi bassi: l’Anonimo magliabechiano, prezioso manoscritto conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze, racconta di uno scontro che Leonardo Da Vinci e Michelangelo Buonarroti ebbero nella pubblica via a Firenze. Alcuni uomini erano presso Santa Trinità a parlare di alcuni passi di Dante, e vedendo passare Leonardo lo chiamarono perché dicesse la sua opinione; passò anche Michelangelo, ed anch’egli fu chiamato a far parte del gruppo. Ma Leonardo non gradiva la sua presenza, quindi rispose: “Michele Agnolo ve lo dichiarerà egli”. Incassato lo sberleffo, Michelangelo lo attaccò ricordandogli la statua equestre commissionata da Francesco Sforza e che non realizzò mai: “Dichiarolo pur tu, che facesti un disegno di un cavallo per gittarlo di bronzo e non lo potesti gittare e per la vergogna lo lasciasti stare”. Il testimone conclude: “E detto questo voltò loro le rene e andò via, dove rimase Lionardo che per le dette parole diventò rosso

 

Il grande pittore Tiziano Vecellio (1490 – 1576), incontrastata punta di diamante della Repubblica di Venezia del XVI sec., a quarant’anni, nel 1530, accolse nella sua bottega un dodicenne figlio di un tintore: al maestro bastò vedere un disegno dell’allievo per cacciarlo via, temendo che diventasse un pericoloso rivale. Il giovane era Jacopo Robusti, detto il Tintoretto (1518-1594), ed i presagi di Tiziano furono quanto mai veritieri: la sua bravura gli tolse l’esclusiva degli incarichi dei facoltosi committenti veneziani. Negli stessi anni si impose Paolo Caliari detto il Veronese (1528 – 1588), e l’anziano maestro ordì trame per far sì che l’incarico per dipingere i soffitti della Libreria Marciana a Venezia fosse affidato a lui, di buon carattere, a scapito dell’ambizioso Tintoretto, che come scrisse il suo biografo, “vuole farsi conoscere come il pittore più audace del mondo”. Audace e rapido nel realizzare le opere per sbaragliare i concorrenti, come accadde quando la Scuola di San Rocco indisse nel 1564 un concorso per le decorazioni del suo quartiere generale e chiese a Tintoretto, Salviati, Zuccaro e Veronese di presentarsi con i propri bozzetti per una grande tela nel soffitto della Sala del Consiglio. Alla selezione Tintoretto andò a mani vuote: al momento della sua presentazione fece togliere i cartoni che coprivano la volta ed apparve già realizzato e collocato il suo “San Rocco in gloria”, che non venne mai più mosso ed ancora lì si ammira.

 

L’amicizia tra Vincent Van Gogh (1853 – 1890) e Paul Gaguin (1848 – 1903) fu tormentata a causa dell’instabilità mentale di Van Gogh; i due si stimavano e si  incoraggiavano reciprocamente, ma la convivenza nella Casa Gialla ad Arles andò a finire male. Nel 1888 Theo Van Gogh aveva convinto Paul a tenere d’occhio il fragile fratello, pagandolo 150 franchi all’anno per vivere con lui e produrre 12 opere; Vincent sicuramente trasse giovamento da questa soluzione, tanto che realizzò ben 200 dipinti. Ma Gauguin, nonostante l’affetto, viveva con disagio la follia dell’amico, e decise di partire per la Bretagna: Vincent fu così sconvolto dall’abbandono che si tagliò via il lobo dell’orecchio sinistro. Ne seguì il ricovero in manicomio e nel 1890 il suicidio con uno sparo al petto.  

 

L’antagonismo tra Jackson Pollock (1912–1956) e Willem De Kooning (1904 – 1997), avanguardisti dell’Action Painting americana, non aveva limiti: Pollock lo derideva in pubblico, ma quando nel 1956 morì, De Kooning esclamò in lacrime: “È morto. È finita. Sono io il numero uno”. In realtà non era finità lì, perché in meno di un anno dal funerale De Kooning corteggiò Ruth Kligman, amante del suo rivale, e ne fece la sua compagna di vita.

 

 

 

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