di Gabriele Rizza
Stanno facendo il giro del mondo le immagini dell’occupazione di Capitol Hill, sede del governo americano a Washington, da parte di ultras di Donald Trump che non riconoscono il verdetto elettorale a favore dei democratici di Biden. Mettendo da parte come questo gruppo organizzato abbia avuto vita così facile nell’intrufolarsi in un palazzo così importante, scavalcando i controlli della polizia e della sicurezza interna, resta il messaggio che arriva in mondovisione: il paese grimaldello della democrazia e del mondo libero, è ormai da anni in una sorta di regressione culturale – politica al limite dell’infantilismo. Che gli USA, in quanto i primi a fondare la propria società sul consumismo, sul successo individuale, sulla forma e sull’esportazione del loro modello sociale, sono stati i primi a sviluppare i sintomi di questa patologia è confermato da dati incontrovertibili: gli USA sono il paese dove c’è il maggior consumo di psicofarmaci da parte degli studenti, di stragi armati, dei serial killer “famosi”, dei ricchi grattacieli in contrasto con le fatiscenti Roulette, dello star- system come meta da raggiungere. Il senso di insoddisfazione, di esistenza ridotta a pubblicità, di bisogni umani creati e stimolati da vite di copertina ed oggetti nuovi, misto a quella spocchia di essere i migliori o peggio, di essere investiti dal “destino manifesto” ad esserlo, si riversano inevitabilmente nella forma e nella sostanza dell’azione politica.
Noi occidentali d’Europa ci affidiamo per le faccende internazionali e culturali ad un paese che oggi esprime Jake, detto lo Sciamano di QAnon, 32 anni e aspirante attore, vestito da vichingo, come leader dell’occupazione di Capitol Hill. L’espressione delle rivolte nel paese dalla bandiera a stelle e strisce si riducono a carnevalate o a gruppi No Mask da una parte, o alla condivisione dell’opinione politica delle stelle di Hollywood, di Disney Channel e dello sport, agli hashtag e alle pose in ginocchio su Instagram dall’altra. Anche la battaglia per i diritti delle donne si è ridotta al solo “Me too” e non è proseguita con un’azione sociale che gli USA nei decenni passati sono riusciti ad esprimere. Imitiamo il paese della forma e non della sostanza, dell’attimo e non della storia. Il paese che elegge Donald Trump o altri esponenti democratici per gli standard del colore della pelle, del genere, del luogo di provenienza. Il paese delle figurine e delle copertine.
C’è una fortuna però: laddove si sviluppa per prima la malattia, si sviluppano per primi gli anticorpi. Ecco perchè siamo così presi dagli scrittori americani del novecento, i primi a capire la direzione del loro modello di sviluppo: da Bukowski a Pahlaniuk, per dirne un paio.