Se c’è un vincitore di questa conferenza di Palermo sulla Libia, quello è sicuramente Khalifa Haftar. Il generale libico, leader militare e politico della Cirenaica, si è trasformato negli ultimi mesi nel vero ago della bilancia della crisi.
14 NOVEMBRE 2018 – LORENZO VITA – Da ILGIORNALE.IT
Le violenze di Tripoli avevano fatto capire che Fayez al-Sarraj non fosse più in grado di mantenere (da solo) il controllo sulla transizione libica. A quel punto, l’Italia, che dall’inizio della transizione aveva sempre puntato su Sarraj, si è dovuta ricredere, spostando non troppo lentamente le sue attenzioni dalla Tripolitania alla Cirenaica, scegliendo di non giocare su unico fronte.
Poi è arrivata la marcia di avvicinamento alla conferenza siciliana, il viaggio di Enzo Moavero Milanesi a Bengasi, l’arrivo a Roma del maresciallo, il tira e molla degli ultimi giorni, con il rischio che Haftar non si presentasse alla riunione di Palermo e la rete d’intelligence e diplomatica d’Italia impegnata a evitare che l’uomo forte della Cirenaica disertasse l’incontro.
Infine, Palermo. Una conferenza che doveva essere (e per certi versi è stata) un palcoscenico per la Libia e per tutti i leader libici, ma che alla fine, inutile negarlo, si è trasformata nella grande passerella di Khalifa Haftar. Atteso come il deus ex machina che avrebbe evitato al governo italiano il fallimento della Conferenza, il generale è arrivato nel capoluogo siciliano come la vera stella del firmamento libico.
Sicuramente più atteso di tutti gli altri rappresentanti delle fazioni in Libia, anche di quello stesso Serraj che, inutile ricordarlo, è ancora oggi il Presidente del Consiglio Presidenziale e Primo ministro del Governo di Accordo Nazionale. Eppure sembrava che fosse Haftar il vero leader.
Ecco, se la Conferenza di Palermo ha avuto un primo risultato, è quello di aver consegnato il futuro della Libia ad Haftar. Il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale si è praticamente trasformato in una delle tanti parti in gioco. E questo nonostante il generale di Tobruk, fino a pochi mesi fa, fosse appoggiato da Egitto, in parte dalla Francia, Russia, e da altri attori arabi. Mentre Serraj, sempre in teoria, era l’uomo che l’Occidente aveva prescelto come guida della transizione libica.
La Libia è fondamentale per la sicurezza dell’Italia.
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Ma il destino della Libia è cambiato. E Palermo ha certificato che se la Libia può quasi fare a meno di Serraj, al contrario non può fare a meno di Haftar. Il che significa che, paradossalmente, tutta la strategia occidentale e italiana è quasi fallita. E che soltanto la tempestiva azione del governo Conte ha reso possibile evitare un’ennesima catastrofe libica, dando modo all’Italia non solo di ospitare un vertice comunque fondamentale, ma di strappare anche accordi con un uomo, il maresciallo della Cirenaica, che non è stato mai troppo tenero nei confronti di Roma.
Ha vinto lui? Sì, inutile negarlo. Incontrando la sua controparte di Tripoli, Haftar si è lanciato in una metafora: “Non è utile cambiare il cavallo mentre si attraversa ancora il fiume…”. Una metafora che serviva al maresciallo per spiegare al premier libico che “non c’è bisogno di cambiare l’attuale presidente prima delle prossime elezioni”. Ma anche da questo si capisce che adesso è lui a guidare il futuro della Libia.
FONTE: IL GIORNALE.IT