“Il capitale umano di ciascun italiano equivarrebbe a circa 342mila euro”. E’ la stima effettuata dall’Istat, che diffonde per la prima volta “informazioni sperimentali circa il valore monetario attribuibile allo stock del capitale umano”, vale a dire la capacità di generare reddito. La cifra, riferita al 2008 riguarda le attività di mercato. Il valore dello stock totale di capitale umano è di circa 13.475 miliardi di euro.
Trasformando appunto tale valore in termini pro-capite si arriva a poco più di 340mila euro.
“La stima monetaria calcolata a livello nazionale per lo stock di capitale umano dà una misura sperimentale dell’entità di questa dotazione di capitale rispetto alla ricchezza prodotta nel Paese”, rileva l’Istituto di statistica. Ecco dunque che nel 2008 lo stock di capitale umano risulta pari a oltre otto volte e mezzo il valore del Pil dello stesso anno.
Il metodo di calcolo utilizzato considera il valore attuale del reddito da lavoro lungo il ciclo di vita previsto tenendo conto di possibili cambiamenti della retribuzione (dovuti anche all’esperienza), di ulteriore istruzione che si può acquisire, di modelli differenziali di partecipazione alla forza lavoro e della mortalità. Quindi si tiene conto della formazione, delle condizioni del mercato del lavoro e delle tendenze demografiche.
Fin qui le stime relative alle sole attività “market”, ovvero quelle che vengono vendute sul mercato. Ma l’Istat ha anche esteso la stima dello stock di capitale umano alle attività “fuori mercato”, quantificandone il valore, sempre con riferimento al 2008 e alle persone tra i 15 e i 64 anni, in circa 16mila miliardi di euro, pari a 10,2 volte il Pil, di cui oltre 6.100 relativi alla produzione familiare, traducibile con “lavoro casalingo” (cure familiari, abitazione), e 9.900 con riferimento all’uso del tempo libero (vita sociale, hobby, attività sportive). Il capitale umano che un italiano tipo impiega in queste attività equivarrebbe a circa 407mila euro.
L’Istat, nel presentare il lavoro, spiega come sia il risultato delle attività di ricerca sul tema della misurazione del capitale umano “conseguenti alla partecipazione dell’Istituto alla creazione di un Consorzio internazionale in ambito Ocse”.
“Forti appaiono le differenze di genere nella dotazione di capitale umano: il 66% dello stock complessivo si concentra nella componente maschile, per la quale il capitale umano pro capite è pari a 453mila euro contro i 231mila delle donne”, secondo l’Istat.
“Il differenziale è da mettersi in relazione alle differenze di remunerazione esistenti tra uomini e donne, ma anche al minor numero di donne che lavorano e al minor numero di anni lavorati in media dalle donne nell’arco della loro vita”, dicono gli esperti dell’Istituto di statistica.
Tuttavia, “poiché le donne prevalgono di gran lunga nel lavoro domestico”, le differenze di genere si riducono se si estendono le stime dello stock di capitale umano considerando le attività non market, che comprendono anche il lavoro domestico. Ecco che le donne si aggiudicano un valore pro-capite di 431mila euro (+12,3% rispetto alla componente maschile).
Un altro divario si ritrova comparando le diverse fasce d’età: il capitale umano pro-capite di un giovane è pari a oltre 556mila euro, contro i 293mila euro dei lavoratori nella classe centrale (35-54 anni) e ai soli 46mila euro dei lavoratori tra 55 e 64 anni. “Va però rilevato che l’alto livello della disoccupazione giovanile nel nostro Paese – spiega l’Istat – suggerisce forte incertezza circa la possibilità per i giovani di inserirsi nei processi produttivi”. Ed “è quindi possibile che sia realistico rivedere al ribasso la stima dei redditi da lavoro attesi e di conseguenza quella del valore del capitale umano complessivo del Paese”.
La Critica