di Susanna Russo
Nato nel 1979, ha una Laurea in economia e commercio all’Università degli Studi di Bergamo e un executive Master in management della PA alla SDA Bocconi, oltre un graduate certificate in Project management alla Boston University. È Dottore Commercialista e revisore legale dei conti. Si è formato in ambito professionale nel tax M&A e parallelamente ha consolidato la sua esperienza politica al parlamento Europeo insieme a Matteo Salvini.
Attualmente è deputato alla Camera presso la VI commissione Finanze, coordinatore dell’unità mercati finanziari del Dipartimento economia della Lega e Tesoriere del partito dal 2014. È anche co-chairman del panel economico della Assemblea Parlamentare del Mediterraneo, membro dell’executive board del International Parliamentary Network for Education e presidente dell’Intergruppo parlamentare di Amicizia Italia – Armenia. Ha pubblicato interviste e articoli su riviste e canali di settore generalista e finanziario.
Proprio in questi giorni si stanno prendendo decisioni in merito all’obbligo di Green Pass per tutti i lavoratori in ambito pubblico e privato. Qual è la sua posizione in merito?
«Qualsiasi mezzo possa portare ad un ritorno alla normalità e allo svolgimento di ogni attività in Italia, dopo questo periodo di pandemia, trova il mio favore ed è – a mio avviso – una soluzione percorribile. Proprio a tal fine infatti, la Lega ha negoziato in maniera strenua per sviluppare sostegni in favore di una ripartenza, sia per i cittadini che per le imprese, come ad esempio impegnare il Governo alla rottamazione quater. Tornando al tema del green pass, è fondamentale, a mio avviso, un salto tecnologico sull’applicazione di questa misura, per far in modo che sia efficace ed al passo con i tempi: la verifica dei requisiti di accesso – soprattutto in ambito sanitario- non può essere affidata ad un pezzo di carta, stampato e facilmente falsificabile, quando viviamo nell’era del digitale e puntiamo sull’informatizzazione dei dati.»
Perché, a suo parere, non si sta optando direttamente per l’obbligo vaccinale?
«Questa è una domanda da rivolgere per competenza al nostro Presidente Draghi, ma credo che la risposta suonerebbe come quello che le dirò: l’obbligo vaccinale è stato previsto in pochi paesi e nessuno ascrivibile alle grandi democrazie occidentali, questo perché c’è ovviamente un tema legato ai diritti e alle libertà personali previste e tutelate dalla Costituzione di questi Paesi come l’Italia.»
Sono giorni di conflitti interni per la Lega, da quando Giorgetti, con le sue dichiarazioni, sembra aver scavalcato Salvini in merito alla questione Green Pass. Cosa pensa a questo riguardo?
«Mi fa sorridere questa domanda, me lo permetta, perché ogni volta che siamo in periodo elettorale: “la Lega ha conflitti interni”. È una sorta di tormentone costumizzato sulle necessità mediatiche del momento, direi ormai una vera telenovela e mi spiace quasi dover deludere le aspettative sulla teorizzazione delle diverse anime della Lega, ma purtroppo le devo dire che non esistono conflitti interni alla Lega. Esiste invece un confronto su alcuni temi, che avviene nelle sedi previste come: consigli direttivi, congressi cittadini, provinciali e nazionali, che stanno tra l’altro ripartendo ora pian piano dopo lo stop imposto dalla pandemia.»
Beppe Sala ha parlato della necessità di una Borsa autonoma per Milano. Qual è la sua opinione in merito?
«Beppe Sala si è reso conto solo in campagna elettorale dell’importanza di Borsa Italiana per Milano. Meglio tardi che mai! Come Lega lavoriamo per l’autonomia e la crescita di Piazza Affari da tempo. L’indipendenza operativa di Borsa, che esprime il 56% dei ricavi nel nuovo gruppo, è fondamentale per la crescita delle nostre imprese e per preservarla serve, non solo che la governance sia composta da donne e uomini di qualità, sia nelle prime che nelle seconde linee di management, ma anche che le associazioni di categoria vengano coinvolte nell’ advisory board al fine di vigilare che le decisioni vengano prese a favore del mercato e dell’economia reale. Si pensi ad esempio alla salvaguardia degli investimenti dei PIR.»
Quali sono le ritorsioni che la Tobin tax ha sui mercati finanziari e quindi le motivazioni per cui si sta battendo per farla rimuovere?
«La Tobin tax è un’imposta sulle transazioni finanziarie che si applica agli intermediari sugli scambi intra day. Appena introdotta ha creato un crollo del 45% degli scambi. Per fare un esempio, nel 2019 l’imposta ha generato un gettito diretto di 335 milioni, ma ha fatto perdere giro d’affari che avrebbe generato 690 milioni di euro di entrate per l’erario. Un saldo negativo per lo Stato di circa 340 milioni. Guardi, affinché i mercati finanziari siano efficienti e procurino liquidità alle imprese vanno eliminati gli ostacoli, innanzitutto quelli all’investimento quali le misure asimmetriche e distorsive come la Tobin Tax, che è un’imposta di derivazione comunitaria, ma che viene applicata solo in Francia e in Italia (in fatto di tasse non ci facciamo mancare nulla), e solo in Italia la stessa riguarda anche i derivati!»
Ha riportato il titolo su Il Fatto Quotidiano: “Centemero, la moglie e i soldi a Barachetti”. Vuole aggiungere qualcosa alla replica che ha pubblicato sul suo account Twitter?
«Oltre alla fattuale replica su Twitter mi piacerebbe sottolineare come certa stampa accosti fatti sconnessi tra loro e confonda date giusto per creare notizie inesistenti. Questo non è giornalismo. Si torni a parlare del merito.»