Pochi giorni fa è morto Giorgio Napolitano, primo Presidente della Repubblica Italiana ad essere eletto per un secondo mandato. Come spesso accade di fronte alla morte, si ricordano i lati positivi di una persona, tralasciando quelli negativi. e così è accaduto per Napolitano. Bisogna ricordare che Napolitano è stato un comunista totalmente succube alle direttive del Cremlino tanto da giustificare l’invasione dell’Ungheria da parte dei sovietici e l’esilio di Solzenicyn. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i discendenti di quella ideologia non hanno fatto un vero e proprio riesame delle loro idee rinnegandole, ma hanno cambiato etichetta dando una rinverdita alle loro idee e sono andati avanti cercando di mantenere il potere in maniera pervicace.
Il Presidente Napolitano ha fatto il suo primo viaggio da Presidente a Budapest per chiedere scusa delle sue passate posizioni, ma ci si chiede se si sia trattato di semplice realpolitik o di convinzione. Il comunismo è un’ideologia che ha molti tratti comuni con i movimenti religiosi millenaristi e non è così semplice allontanarsene. Al di là ciò, quello che di Napolitano è da esaminare, è la sua azione da Presidente della Repubblica che si è discostata dai suoi predecessori. La Costituzione Italiana ha riservato al Presidente il ruolo di figura terza, che in qualche modo possa fungere da arbitro rispetto ai partiti politici, ricalcando il ruolo che aveva il monarca nel vecchio Regno d’Italia e per questo la sua elezione è indiretta con un’ampia maggioranza. Nell’idea dei costituenti la figura del Presidente dovrebbe essere scelta dall’accordo dei partiti sia di maggioranza che di opposizione. Molti predecessori di Napolitano hanno interpretato i loro ruolo in maniera notarile controfirmando le leggi sottoposte dal Parlamento e tenendosi lontano dalle beghe partitiche. Non tutti si sono comportati da presidenti-notai, già lo stesso Scalfaro, con la crisi della Prima Repubblica, svolse un ruolo di primo piano in alcuni avvicendamenti di governo, ma Napolitano ha interpretato il suo ruolo in maniera molto incisiva, tanto che alcuni esperti costituzionalisti hanno incominciato a parlare di Costituzione di fatto in contrapposizione alla Costituzione formale, perché il ruolo del Presidente della Repubblica si è ampliato in maniera sostanziale oltre il dettato costituzionale. Di recente abbiamo avuto un secondo caso di rielezione del presidente con Sergio Mattarella, a testimoniare una debolezza del Parlamento che non fu in grado di trovare una figura autorevole su cui accordarsi.
Napolitano, da Presidente della Repubblica, ha convissuto con l’ultimo governo Berlusconi di cui, in qualche modo, è stato il carnefice. Nei primi tempi è sembrato essere un contraltare alle iniziative del governo Berlusconi, ostacolando la promulgazione delle leggi, ma poi agendo in maniera più pesante, ha favorito la scissione di Gianfranco Fini, usato e poi gettato dalla sinistra. Questo è stato il primo passo di un’azione che ha poi portato alle dimissioni di Berlusconi.
L’altra mossa è stata il suo appoggio alla guerra in Libia a cui Berlusconi si oppose senza successo e a distanza di anni possiamo vedere chi aveva ragione. Poi quando l’Italia subì l’attacco da Germania e Francia come confessato di recente dall’ex presidente francese Sarkozy, Napolitano si adoperò per creare un nuovo governo nominando Senatore a vita Mario Monti, che possiamo considerare una sorta di governo del presidente perché di fatto sponsorizzato e spinto da Giorgio Napolitano che non a caso i giornalisti hanno soprannominato Re Giorgio. Alle successive elezioni, in cui non era risultato nessun chiaro vincitore, ha di fatto in qualche modo supplito al Parlamento. In quella occasione si sarebbe dovuto nominare un nuovo Presidente, ma il Parlamento non trovava un accordo e fu chiesto a Napolitano di restare per un secondo mandato. Nel suo discorso di insediamento sferzò il parlamento per la sua incapacità di decidere e i successivi governi Letta e Renzi devono molto al suo intervento per la formazione.
Con Napolitano, il Presidente della Repubblica Italiana, da un ruolo notarile e di arbitro, si è trasformato in un protagonista dell’agone politico italiano, trasformando di fatto la Repubblica Italiana da parlamentare ad una semipresidenziale. È quantomeno curioso che un esponente di un partito che tuttora si dichiara favorevole ad un parlamentarismo spinto abbia stravolto la prassi politica in senso presidenzialista. Misteri della realpolitik.
di Vito Foschi