Tre anni giusti son passati dal disastroso terremoto di magnitudo 9 e dal conseguente tsunami che portò morte e distruzione sulle coste nord-occidentali del Giappone l’11 marzo 2011. Veramente drammatico il bilancio delle vittime: oltre 27mila tra morti e dispersi, i morti furono 11.082 e i dispersi circa 16.717. Il bilancio è stato stilato dalla polizia nipponica, numerosissimi i bambini rimasti orfani di entrambi i genitori, che ora, vengono mantenuti dallo stato o da associazioni di volontariato.
Oggi, 11 marzo 2014, ricordiamo quell’immane tragedia e snoccioliamo qualche dato per meglio comprendere quanto apocalittico fù, ed è, ancora lo scenario nell’era colpita.
Mentre una grande quantità di notizie è stata scritta e trasmessa per alcune settimane dopo lo tsunami, l’attenzione dei media è via via scemato e relativamente poco è stato scritto circa il processo di recupero post-disastro del Giappone.
In alcune città, come Kasennuma gran parte della città è stata ricostruita e mentre le aree industriali hanno ripreso l’attività le aree residenziali rimangono per lo più deserte e le cicatrici si vedono ancora oggi. Poco più a nord, a Rikuzentakata, l’entità del disastro è oggi visibile come tre anni fa: il centro della città è ancora oggi completamente deserto, sono visibili solo due o tre edifici che hanno resistito alla furia dell’oceano, si intravede qualche strada e quello che era ferroviar ma non i binari che furono letteralmente strappati dalla loro sede, il paesaggio è desolato, triste e non vi è alcun segno di ricostruzione. Molti degli abitanti di questa città ancora oggi lottano per sopravvivere dopo essere rimasti senza una casa e senza un lavoro.
In molte delle città lungo la costa, alcune aziende hanno riaperto, si possono trovare piccoli centri commerciali ricavati in edifici provvisori in cui alcuni imprenditori hanno aperto ristoranti e altri negozi.
Numerosi sono stati gli atti di bontà umana consentendo a molti di tornare ad una vita relativamente normale ma il futuro della regione resta una questione aperta. Molte aziende non sono tornate e le prefetture del nord del Giappone che stavano già lottando con i problemi economici prima del disastro sono ancora in ginocchio e ciò ha reso ancora più difficile la ricostruzione ed il ritorno o la riapertura delle aziende.
Dopo i tremendi avvenimenti dell’11 marzo 2011, la costa del Tohoku ha ancora una lunga strada da percorrere per la ricostruzione ed è inoltre possibile che alcune zone, come Rikuzentakata, potrebbero non essere mai più ricostruite. La combinazione di un’economia in generale debole e un clima poco attraente per la creazione e la crescita delle imprese presenta notevoli ostacoli per la futura ricostruzione della regione.
Dal punto di vista infrastrutturale, il Giappone ha in pochissimi giorni ripristinato strade (tutti ricordiamo il tratto autostradale di 800 chilometri ristrutturato in otto giorni, come la Salerno-Reggio Calabria), aeroporti, Sendai docet, e ferrovie. Dal punto di vista dell’edilizia residenziale invece il Governo è rimasto molto indietro coi lavori: nel Tohoku, rimangono ancora 267mila sfollati di cui circa 100mila rimangono a vivere in prefabbricati temporanei. Molte invece le scuole ricostruite grazie anche alla generosità di molti amici del Giappone in tutto il mondo che hanno voluto partecipare alla ricostruzione contribuendo con piccole donazioni, anche di solo un euro. Ancora oggi, tante sono le persone che animate da uno spirito filantropico e di solidarietà, contribuiscono con piccole somme alla ricostruzione o all’aiuto al mantenimento dei circa 100mila bambini rimasti orfani. Farlo è facilissimo: basta visitare il sito internet del Consolato Generale del Giappone di Milano oppure dell’Ambasciata Giapponese di Roma.
Gian Giacomo William Faillace