“It’s not time to make a change
Just relax, take it easy
You’re still young, that’s your fault
There’s so much you have to know
Find a girl, settle down
If you want you can marry
Look at me, I am old, but I’m happy
I was once like you are now, and I know that it’s not easy
To be calm when you’ve found something going on
But take your time, think a lot
Why, think of everything you’ve got
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not”
Cat Stevens nel 1970 scrive questa canzone come dialogo fra un padre e un figlio, e ancora oggi può essere considerata una rappresentazione chiara e lucida di un rapporto sano tra genitori e figli.
Con fare poetico, racconta di un genitore che accompagna nella crescita il figlio senza mai confondersi con un amico ma neppure con un despota spaventante.
Un padre e una madre, nello svolgimento autentico della propria mansione, hanno la responsabilità di garantire protezione, accudimento, accoglienza, amore a tutela piena di chi si affida a qualcun altro con sicurezza.
Agli occhi dei più, quanto appena detto potrebbe sembrare un fatto naturale, e parlarne potrebbe apparire superfluo e vacuo; ma alcuni fatti di cronaca, brutali ed efferati, di tanto in tanto, risvegliano gli animi, facendo svanire, tout court, la favola dei genitori che proteggono e tutelano ad ogni costo.
Succede più di quanto la mente possa immaginare che i figli si trovino dinanzi a barbarie inenarrabili, e impreparati sono chiamati a soccombere, e spesso a perire, in una guerra che mai avrebbero dovuto combattere.
Cosa succede dietro le quinte di un figlicidio? E cosa succede, concretamente, quando i figli sono assoggettati a genitori violenti e difficili? Puntare il dito sarebbe un’azione semplice, ma risulterebbe essere anche un’azione semplicistica e riduttiva.
In un’analisi veloce, per natura e struttura, saremmo portati a sbrogliare la matassa dicendo che fare del male alle proprie creature è cosa orripilante ed impossibile, le nostre menti cercano di difenderci, sottolineando che mai potremmo farlo.
Nel mio lavoro entro costantemente in contatto con tali dolori, toccando con mano scenari solo apparentemente impossibili perché di fatto si rivelano reali e frequenti.
I genitori che abusano, maltrattano, emotivamente e fisicamente e che, talvolta, ammazzano, non sono pochi affatto, i numeri delle statistiche, il più delle volte, non sono reali perché tutto questo può essere sapientemente celato, soprattutto se le questioni sono prettamente familiari.
Cosa si inceppa e cosa va storto nei casi di violenza e maltrattamento? I genitori che falliscono, e mostruosamente deturpano, perché lo fanno?
Da anni la ricerca scientifica si muove e avanza per comprendere, col fine ultimo di predire i comportamenti e prevenire situazioni incomprensibili e drammatiche.
L’argomento è vasto, e presenta una complessità non trascurabile; decido, pertanto, qui di accendere i riflettori solo su un fattore specifico che potrebbe esserci alla base di maltrattamenti e crimini intrafamiliari: la psicopatia. La personalità psicopatica è insidiosa e pericolosa, e lo è all’ennesima potenza se lo psicopatico in questione è un genitore, colui che è chiamato a guidare il figlio nella crescita e nella maturazione completa, creando una base sicura. Lo psicologo R. Hare sottolinea quanto uno psicopatico manchi completamente di empatia e di riconoscimento dell’altro, riesce a prendere tutto per se stesso senza tenere conto dei bisogni degli altri e senza mai provare senso di colpa o rimorso.
Ciò che desta maggiore preoccupazione è la capacità che ha di mentire, confondendo abilmente anche gli addetti ai lavori. Si integra con maestrìa, nascondendo agli occhi degli altri le proprie caratteristiche distruttive e tossiche. Tutto questo è, però, chiaro alle vittime dirette, a chi subisce quotidianamente e che, nella paura, non reagisce ma si lascia piuttosto sopraffare.
Il dolore nascosto è usurante, ciò che colgo nell’incontro delle vittime è un’impotenza appresa, come se fossero inermi e impreparate, inghiottite da una potenza che ingloba e non restituisce, che imprigiona senza lasciare neppure l’aria per respirare.
L’epilogo talvolta può essere la fine della vita dei figli, qualche volta all’omicidio segue il suicidio del genitore con personalità disturbata.
Sono genitori “mostruosi”, lo sono in una concretezza sconcertante, spargono spavento e sofferenza senza guardarsi indietro, senza ripensamenti e, quindi, sono perpetuanti senza neppure lasciarsi sfiorare dall’idea di poter o dover rimediare.
Il genitore psicopatico non è consapevole perché egosintonico, non potrebbe chiedere aiuto e si rivela un vero “cancro” che difficilmente viene individuato, se non quando il peggio è già irrimediabilmente accaduto.
Il genitore con disturbo psicopatico di personalità ha deficit emotivi, comportamentali e interpersonali in conflitto con il ruolo genitoriale che costruisce una base sicura. Lo psicopatico percepisce l’altro, e quindi anche i figli, come debole, manipolabile, sfruttabile per accrescere la propria grandiosità. I figli, pertanto, possono essere sacrificabili per il soddisfacimento dei propri bisogni in un clima di mancanza completa
di empatia. È impulsivo e istintivo, mette in atto comportamenti criminali non pianificati e non ha la capacità di imparare dalle punizioni o dalle conseguenze delle proprie azioni. Il genitore psicopatico è l’opposto del genitore sano, amorevole, accudente e tutelante. Fa del male in maniera egoistica e non si accorge delle condotte etero lesive applicate, insensibile e incapace di osservare una socializzazione su base etica e morale.
È terrificante pensare poi quanto un genitore psicopatico possa appare come una persona modello, anche perché occupa spesso posizioni di rilievo nella società. È un abile predatore menzognero e, se serve, sa fingere sensibilità e tenerezza pur di raggiungere gli obiettivi prefissati. I figli diventano oggetti-umani di una natura che vittimizza e devasta.
Un genitore psicopatico, a sua volta, è stato vittima di uno stile di parenting disfunzionale, e ha subìto le conseguenze dell’essere allevati da genitori disorganizzati, scostanti, difficili, violenti, instabili, incoerenti, punitivi.
Le esperienze di vita predispongono a organizzazioni di significato disfunzionali e maladattive, nonché rigide e inflessibili come lo è anche il disturbo psicopatico di personalità.
La psicopatologia non è un modo per giustificare chi commette abusi, violenze e crimini, tutt’altro. Un’analisi di questo tipo, fatta da un’addetta ai lavori che è quotidianamente in prima linea come me, vuole essere una delle strade percorribili per la prevenzione. Parlarne e informare è compito prioritario in modo da aiutare a riconoscere segni e segnali di chi è disturbato. Individuare prima che i fatti indicibili avvengano significa agire in tempo e significa dare una possibilità di vita alle vittime ma anche a chi vittima lo è stato. I trattamenti terapeutici possono essere complessi ma
non sono impossibili, è una questione di tempestività che permette di mettere al sicuro chi subisce, e di intervenire con una prognosi da definire per recuperare le funzioni carenti e deficitarie. La resa è un atto inconcludente e dannoso, è sicuramente vantaggioso informare, educare, intervenire, salvaguardando il principio di una vita degna di essere vissuta, lenendo dolori e impotenze.
Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicologa psicoterapeuta