All’inizio di questo filmato, si vedono dei funzionari che rilegano un corposo documento: è il “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria”, meglio conosciuto come “Fiscal Compact”, firmato il 2 marzo 2012.
Come noto, è stato oggetto, qui da noi, di infinite discussioni e la tendenza generale è quella di volerlo ridiscutere, se non addirittura rigettare, danneggiando ancora una volta l’immagine dell’Italia, che passerebbe di nuovo come un Paese incapace di tenere fede ai propri impegni. Quello che spaventa, non si sa se per mala fede o ignoranza (vedremo fra un po’ la ragione di questa affermazione), è il fatto che per venti anni bisognerebbe ridurre il nostro debito pubblico di 50 miliardi ogni anno a cominciare da quest’anno. Lo Stato Italiano, per avere un’idea di paragone, spende ogni anno quasi 850 miliardi di Euro. Quindi la cifra sarebbe vicina ad un diciassettesimo del budget totale di spesa. Non pochissimo, dunque. Apparentemente, sembrerebbe dunque una cosa gravosa, che rischia di spingere molto in basso nella classifica economica mondiale l’Italia.
Se si va ad esaminare il trattato, si scopre che all’articolo 4) viene stabilito ce i Paesi superano il 60% del rapporto debito/P.I.L. devono impegnarsi a ridurlo ogni anno di una media di un ventesimo. Invece, qualcuno, al momento della firma, quando l’Italia aveva un debito del 120% del P.I.L ed in soldoni equivaleva a 1.000 miliardi di Euro, fece un po’ di conti e concluse che in venti anni il debito doveva essere dimezzato il che portava a 50 miliardi. (1.000/20). (Ora siamo a 1.200, per la cronaca, se non andiamo errati).
Peccato che quello sconosciuto non avesse letto con attenzione quell’articolo che citiamo. Infatti lì si parla di diminuire il rapporto debito/P.I.L., non la cifra assoluta. Quindi, se il P.I.L. aumentasse in maniera soddisfacente e/o si riducesse il debito, è evidente che non servirebbero più i 50-60 miliardi, ma meno o anche nulla, nei casi più favorevoli. In pratica, se il debito rimane costante o cresce meno del P.I.L., potremmo stare a posto senza traumi. Si fa notare anche che il P.I.L. menzionato, non è quello “reale”, ma quello “nominale” più l’inflazione Questo, normalmente, cresce in misura maggiore a quello “reale”. In pratica, se un Paese ha un P.i.L. “reale” pari a + 0,5% ed una inflazione al 2%, avrà un P.I.L. nominale pari allo 2,5%. in tale ipotesi, dunque, con un P.I.L. “nominale” che cresce del 2,5-3,0%, non occorrerebbe sborsare un Euro in più, in quanto rimarremmo nelle regole della riduzione del debito.
Altro punto da evidenziare è che nel trattato si parla di MEDIA. Come ben noto se tu non mangi nessun pollo ed un altro ne mangia due, la media dirà che se ne mangia uno a testa. Quindi non è un dato fisso. E’ dunque chiaro che in virtù di tutte queste considerazioni, l’Italia si potrebbe trovare a dover cercare da zero Euro in più a, nella peggiore delle ipotesi, 20-30 miliardi. Cifra considerevole, certo, ma pari alla metà di quanto si afferma in giro. Chi volesse divertirsi a simulare i vari scenari in cui potrebbe trovarsi il nostro Paese ed in quanto tempo in realtà potrebbe rientrare, utile per rendersi conto di come stanno veramente le cose, può andare a questo link (annegare nel vocabolo link questo link.
E’ anche chiaro che trattandosi di media, si introduce un concetto di aleatorietà perché non è chiaro su quali basi di valori e periodo di tempo questa venga calcolata. Che accadrebbe poi se l’Italia non rispettasse questi parametri? Semplificando parecchio, La Commissione Europea dovrebbe segnalare che uno Stato sta violando il trattato. Tuttavia va tenuto presente che il sopra menzionato articolo quattro prevede una serie di eccezioni ed attenuanti, che questo organismo deve esaminare, a cominciare dal fatto se l’incriminato ha avuto alcuni parametri in ordine. (Esempio, l’avanzo primario, come è per l’Italia). E’ anche vero che la Commissione potrebbe non tenerne conto, ma a lei spetta solo il compito di denunciare l’inadempiente, non di condannarlo. Il giudizio è affidato al Consiglio dell’Unione Europea, la quale dovrebbe seguire una procedura con tutta una serie riunioni e di votazioni (ah, la burocrazia!!!) per emettere un primo avvertimento (non pubblico), cui, a situazione invariata, ne seguirebbe uno pubblico, poi altra votazione per l’apertura del procedimento di infrazione ed infine, se a quel punto, passato parecchio tempo, la situazione fosse ancora uguale, allora arriverebbero multe o sanzioni. Nel Consiglio, ciascun Capo di Governo vota con il principio che il suo voto “pesa” in base alla popolazione del suo Paese e serve una maggioranza superiore a quella assoluta.
Quindi, per arrivare ad una simile risoluzione, servono anche gli Stati del Sud Europa, che, presumibilmente, saranno quelli interessati da queste procedure. Quindi, facilmente, non emetteranno nessuna sanzione. Se si considera pure che la Commissione ha richiesto una procedura di deficit eccessivo nei confronti di 26 Stati ed il Consiglio ha approvato con il risultato che questi sono stati multati zero volte…. Forse allora è il caso di non fasciarsi la testa prima del necessario. Facciamo anche presente che in questo trattato nulla si dice di come raggiungere il risultato. Quindi, se finalmente si decidesse di ridare fiato all’economia tagliando lo Stato e quindi le tasse, forse, finalmente, l’Italia uscirebbe dal guano in cui si trova, considerando che i continui aumenti delle tassazioni hanno ottenuto l’effetto opposto.
La Critica