“E quindi io compro Fiat perché sono italiana e pago con le tasse del mio malefico stipendio anche la cassa integrazione x i miei amici della Fiat di Melfi e poi questi aprono la ragione sociale in Olanda con sede legale GB e lo stato guarda senza far nulla!!!”..così mi scrive la mia amica Rita aggiungendo un “tu cosa ne pensi” fra le righe.
E fanno bene rispondo io, secco e deciso; e fanno bene perché è ora di smetterla di prendersela con gli imprenditori e con i manager che devono per forza di cose fare i conti del salumiere e cercare di trarre maggior profitto possibile in un momento dove la concorrenza è sempre più spietata e dove i costi di produzione nel nostro paese e la tassazione sono diventati un ostacolo quasi insormontabile; aggiungo anche “mi dispiace per i lavoratori di queste aziende, ma è anche colpa loro”….certo è anche colpa loro, perché quando vanno a votare lo fanno sempre per gli stessi, quando vanno a comprare preferiscono comprare i prodotti cinesi piuttosto che quelli italiani più costosi è anche colpa loro perché i sindacati che dovrebbero tutelarli sono spariti e ora sono diventati asserviti al potere.
Ho imparato cosa fosse la cassa integrazione, i sindacati, le gambizzazioni, proprio grazie alla Fiat; ero bambino quando al telegiornale si sentiva di centinaia di dipendenti momentaneamente senza lavoro, di manifestazioni sindacali con bandieroni rossi e palchi dai quali signori eleganti urlavano ai microfoni e di dirigenti vari e politici “sparati” per rivendicare i diritti dei lavoratori proletari.
Era difficile negli anni ’70-’80 essere imprenditori, avere la più grossa fabbrica italiana e dover gestire migliaia di dipendenti che non scherzavano affatto e che facevano pagare a caro prezzo gli errori nel mondo del lavoro. Ma la ricetta era facile: una telefonata a Roma et voilà arrivavano vagonate di lire appena stampate per pagare l’80% dello stipendio a operai che nel frattempo facevano qualche lavoretto in nero, giusto per arrotondare. I politici italiani della prima repubblica in cambio chiedeva giusto qualche piccolo favore: aprire qualche stabilimento al sud completamente pagato con sovvenzioni statali con la legge speciale per il Mezzogiorno, in modo che potessero sistemare tutte le persone a cui in cambio di un voto avevano promesso un lavoro. In buona sostanza era così: “tu mi dai il voto e io ti do il lavoro, tu mi fai la fabbrica e io ti do i soldi per pagare quelli che ti ho messo lì a lavorare”, direi perfetto, fila tutto perfettamente liscio.
Bei tempi quando la Banca d’Italia stampava la nostra cara Lira e non si conosceva limite all’inflazione, al debito pubblico e non esistevano leggi europee che imponevano la fame ai popoli; ma un giorno tutto cambiò: l’avvento dell’euro, nessuna legge speciale, nessun finanziamento a fondo perduto, nessun nuovo stabilimento e la cassa integrazione diventa più difficile, ora bisogna andare a trattare con lo stato. I sindacalisti nel frattempo hanno fatto carriera nei partiti politici, alcuni diventano anche segretari, altri vengono proposti come presidenti della Repubblica, le Brigate Rosse non esistono più e l’unico modo per aiutare l’industria dell’auto è quella degli incentivi alla rottamazione e all’acquisto dell’auto, dei quali però beneficiano non solo la Fiat ma anche tutte le altre case automobilistiche internazionali.
Aggiungiamo pure che Fiat è stata liberamente costretta nel corso degli anni ad acquisire, sempre per mantenere l’occupazione, Lancia, Alfa Romeo, Autobianchi, Ferrari e che quindi è diventata l’unico produttore italiano di automobili (se escludiamo le supercar), con un grande potere contrattuale quando si parla di posti di lavoro o di chiusura di stabilimenti, armi queste sempre usate come strumento di ricatto nei confronti del governo, ogni qualvolta si prospettava una mancanza di dividenti a fine anno fra gli azionisti. SI perché quello che mi ha sempre sorpreso è proprio questo: lo stato paga la cassa integrazione, ma FIAT a fine anno distribuisce i dividenti ai propri azionisti; lo stato paga gli operai e i privati prendono soldi dagli utili….strano mistero.
L’avvento di un grande manager quale Marchionne, che del destino dei lavoratori non è chiaro quanto importi ma sicuramente è uno che con la calcolatrice è molto svelto, ha permesso a FIAT di diventare un colosso dell’automobile, portando avanti la oramai super indebitata casa di Torino ed acquisendone una americana messa non tanto meglio, creando una big company a livello mondiale. Di fare automobili belle pare non interessi a nessuno, infatti a parte l’intervallo di quel genio creativo di Lapo con la 500, il design delle automobili italiane risulta essere qualcosa di orrendo subito dopo le coreane e un attimo prima delle cinesi, facendo prediligere ai consumatori prodotti di altri paesi, magari meno blasonati ma sicuramente più economici, più accessoriati, più affidabili e decisamente più belli (ma costa davvero di più un produrre un prodotto di design accattivante?)…e meno male che esistono persone come la mia amica Rita che comprano FIAT per aiutare l’azienda italiana…
A fronte di tutto questo i nostri bravi manager delle poche industrie che abbiamo in Italia, si rendono conto che è davvero difficile operare in questo paese: tasse arrivate ad aliquote impossibili, la burocrazia che non ti permette di essere veloce e flessibile, costo del lavoro altissimo dettato non dai soldi presi dal lavoratore ma da quello che lo stato prende su di essi e concorrenza dei paesi europei emergenti; i conti si fanno presto e risulta più vantaggioso chiudere uno stabilimento in Italia ed andare a produrre in Polonia piuttosto che mettere la sede in un paese dove le tasse sono inferiori del 50% rispetto a quelle dell’Italia. Tutto questo può sembrare non giusto, manca la tutela del lavoratore italiano, ma non è anche vero che esistono i saldi? E non è vero che gli italiani aspettano i saldi per andare a comprare sottoprezzo? E quindi se il singolo può scegliere come e dove andare a comprare per spendere meno, non è forse vero che questo lo può fare anche l’imprenditore, scegliendo posti dove produrre gli costa meno e dove può aumentare i profitti?
Mio figlio tredicenne un giorno mentre assisteva ad una manifestazione di lavoratori sotto la regione mi chiese il motivo di questo ed io gli risposi: “questi signori sono stati licenziati e chiedono aiuto alla regione, la fabbrica dove lavoravano ha deciso di chiudere” e lui, dall’alto della sua innocenza mi rispose: “non è normale papà? Se un proprietario decide di chiudere la propria fabbrica non può farlo? In fin dei conti è sua, ci ha messo lui i soldi, il lavoro, il rischio e può decidere di farne quello che vuole”….
Già, ha ragione lui, perché uno della propria azienda non può farne quello che vuole? E chi lavora per questa azienda ha mai ringraziato il datore di lavoro perché gli ha concesso questa opportunità? E facile condannare le scelte ma spesso bisogna provare anche a mettersi dall’altra parte della barricata e capire cosa vuole dire essere imprenditori, coraggiosi aggiungo io, in Italia oggi. Bravo Marchionne, hai fatto bene, hai la mia benedizione e quella di Letta.
Massimiliano Russo