Ieri, mentre Roberto Maroni e il critico d’arte Vittorio Sgarbi, presentavano il progetto articolato in 14 padiglioni tematici, più un “padiglione del Cuore”, che nella proposta della Regione dovrebbe ospitare i Bronzi di Riace all’Expo, “per innalzare la dignità culturale della Calabria e le radici della Magna Grecia”, c’è stato comunque chi ha avuto da ridire.
Prima di occuparci dei contestatori pensiamo però alle cose serie, ecco quanto è stato illustrato: il progetto prevede un padiglione dedicato al Bramante, con il suo centro in Santa Maria presso San Satiro, due a Leonardo, uno ad Antonello da Messina, uno a Michelangelo, uno a Raffaello e Caravaggio, uno al Tiepolo.
Inoltre, un “padiglione” sarà dedicato alla musica, e “conterrà” il festival Mito, ve ne sarà uno stendhaliano, uno dedicato ai Futuristi, uno a De Chirico e Savinio, uno all’architettura del Novecento e uno all’Arte antica. Un quindicesimo, sarà appunto il “Padiglione del cuore”, realizzato dalla Regione probabilmente in uno spazio interno al “Padiglione Italia” .
Davanti a tutto ciò, il presidente di Arcigay Flavio Romano, ha avuto il coraggio di definire l’organizzazione “Omofoba, perché ignora la cultura gay attuale e del passato”. Premesso che abbiamo sempre inteso la cultura in senso generale, un bene di tutti cui non potesse essere appiccicata nessuna etichetta di genere, non ci risulta vi sia l’intenzione di definire “arte etero” ciò che sarà esposto all’EXPO.
Un paradosso generato dal pensiero unico di chi volendo affermare il proprio essere al di sopra di tutti gli altri perde di vista la realtà. Romano ha quindi continuato “L’Expo, a firma dell’iper-macho Maroni, si preannuncia come una fiera del virilismo e del pensiero unico leghista”. Anche qui non ci siamo proprio, del presidente della Regione, che si e tenuto lontano dal “celodurismo” leghista, si può dire tutto salvo che si atteggi a “iper-macho”,
Seguono poi varie recriminazioni, ” Non ci hanno contattato, tanto meno i loro uffici comunicazione… non siamo stati coinvolti a livello ufficiale… non c’è nulla dedicato al mondo gay… Milano, capitale della cultura LGBT con la moda, la pubblicità il design, non si merita questo…”. Partiamo dal fondo: Expo si occupa di alimentazione, non di moda, pubblicità e design, stia sereno Romani, quando a Milano si svolgeranno manifestazioni che riguardano questi argomenti riceverà gli inviti cui tanto tiene. Siamo inoltre convinti che, nonostante Arcigay non sia stata coinvolta nell’organizzazione, molti gay lavoreranno al suo interno in virtù delle proprie capacità professionali e non in funzione delle proprie tendenze sessuali che, nulla hanno a che fare con l’essere o meno qualificati a svolgere un impiego.
L’intervenuto nel programma KlausCondicio condotto su YouTube da Klaus Davi, in cui Flavio Romano ha rilasciato queste dichiarazioni è proseguita a lungo. Il presidente di Arcigay si è in seguito lasciato andare a considerazioni poco edificanti sulla conduzione economica di Expo e sui rapporti intrattenuti dalla dirigenza con persone in seguito indagate. Quello che ci interessava enfatizzare però erano i rilievi sollevati, a nostro parere del tutto immotivati e la conclusione: “Chiediamo la creazione di un padiglione dedicato alla cultura gay italiana, da Leonardo fino a Marsilio Ficino, da Sandro Penna a Dario Bellezza, da Michelangelo a Aldo Palazzeschi”.
Incredibile ma vero, sul filo di lana Romano riesce a dire una cosa su cui ci troviamo quasi completamente d’accordo, gli artisti che cita meriterebbero sicuramente un padiglione dedicato a loro, ma in quanto tali non perché omosessuali, come quelli già inseriti nel progetto non lo sono stati scelti perché eterosessuali, perché contrariamente a quanto afferma Romano, l’arte è patrimonio di tutti, frutto del genio umano e non un derivato della sfera sessuale di chi l’ha espressa.
La Critica