di Mario Alberto Marchi
La notizia non è che la trattativa tra Ita e i sindacati si sia chiusa senza accordo e che tutto si sia fermato con accuse di “assenza” al governo da parte dei sindacati e annuncio di agitazioni continue.
Diciamo la verità, ad assistere a fuoco e fiamme quando si parla di ex Alitalia e soprattutto di posti di lavoro, siamo abituati. Ita promette 2800 assunzioni, che sono un bel po’, ma sembrano nulla rispetto all’esercito di 11.000 dipendenti del passato. ll fatto è che quella che fino a ieri era Alitalia, era ottava in Europa per numero di dipendenti, davanti a compagnie che trasportano molti più passeggeri. Circa un quarto del personale Alitalia è dedicato all’handling, cioè la gestione del traffico a terra, compresi I bagagli. Cosa più unica che rara, antieconomica e decisamente improduttiva. La vera notizia – però – è che qualcuno si è accorto che la compagnia aerea fino ad ora è rimasta in piedi con I soldi presi dai nostri portafogli. Udite, udite, l’antitrust dell’Unione Europea chiederà al governo italiano di recuperare dalla vecchia Alitalia i 900 milioni di euro di prestito ponte, in quanto considerati aiuti di Stato illegali.
Meglio tardi che mai, visto che in 45 anni Alitalia è costata quasi 14 miliardi di fondi pubblici. Qualcuno si anche divertito a calcolare quanto è stato il costo per ogni singolo italiano, neonati compresi, dagli anni ’70 ad oggi: circa 210 euro. L’ultimo esborso di stato ha riguardato proprio il passaggio alla nuova forma societaria ed è stato di 1,35 miliardi di euro e giudicato decisamente economico, vista la media storica. Considerando anche quanto lo Stato ha dovuto occuparsi a livello normativo e decisionale della compagnia, con una decina, tra decreti e atti vari, solo tra il 2008 e il 2017.
Dopo il tentativo di salvezza, con la cordata pubblica, capitanata da Ferrovie dello Stato Italiane e il Ministero delle Economie e delle Finanze, insieme a Delta e Atlantia – nel 2019 – è stato calcolato che Alitalia perdeva oltre mezzo miliardo di euro all’anno. Che l’UE non si fidi più tanto è abbastanza comprensibile e l’ha dimostrato – ancora prima della decisione dell’antitrust – rispondendo con rubinetti quasi chiusi alla richiesta da parte dell’Italia di far scorrere un po’ di denaro comunitario nel progetto di ennesima ristrutturazione, quando a maggio scorso concesse un aiuto di meno di 15 milioni. Ora il progetto Ita promette un drastico dimagrimento della compagnia e sembra davvero essere l’ultima chiamata. Ma evidentemente c’è chi non se ne vuole rendere conto.