LE “STAZIONI DI POLIZIA” CINESI SPACCIATE PER ASSOCIAZIONI
Ufficialmente sarebbero centri di promozione culturale e di assistenza ai cittadini cinesi residenti all’estero, ma nella realtà si tratta di “Stazioni di Polizia d’Oltremare” per un totale stimato di 50 sedi sparse in tutta Europa, nate senza clamore e senza chiedere il permesso agli stati interessati.
I riflettori si sono accesi per un caso particolare che riguarda Wang Jingyu, critico delle autorità cinesi sui social media in Cina e accolto con asilo politico in Olanda. Il rifugiato politico ha raccontato di essere stato contattato dalla “stazione” di Rotterdam non appena arrivato: “Mi hanno chiesto di tornare in Cina per risolvere i miei problemi. Mi hanno anche detto di pensare ai miei genitori”.
Fonti olandesi riportano che la “Fuzhou provincial force” sia situata in un normale complesso condominiale e che debba la sua origine ad un membro ufficiale delle forze armate della Repubblica Popolare Cinese.Un’attività che il portavoce del ministro degli Esteri olandese ha definito “Illegale”, nonostante in una nota fatta pervenire per mail, l’ambasciata cinese in Olanda si sia dichiarata non essere al corrente dell’esistenza di tali “stazioni”.
Sarebbe quindi chiaro che l’obiettivo reale di queste “Stazioni di Polizia d’Oltremare” sia quello di persuadere i dissidenti cinesi a rientrare nella Repubblica Popolare Cinese, anche con minacce che, nel caso in questione, non sono tardate ad arrivare tramite WeChat, una specie di versione cinese di “whatsapp”.
Di queste associazioni si ha notizia anche sul territorio nazionale italiano, in particolare nella città di Prato e verosimilmente, secondo il parere della deputato Erica Mazzetti (FI) in altre tre città italiane come Milano, Firenze e Roma. Ufficialmente, la “Stazione” di Prato opererebbe per formalità burocratiche, in particolare per il rinnovo della patente dei residenti cinesi il cui iter richiede ad oggi un costoso rientro in Cina. Una questione tuttavia preoccupante che ha portato alla presentazione di un’interrogazione in Senato a firma della senatrice della Lega Mara Bizzotto, la quale ha chiesto al ministro dell’Interno “che si faccia piena luce sul caso della stazione di polizia cinese a Prato nota come “Fuzhou Police Overseas Service Station”, che risulta essere un vero e proprio corpo di agenti in servizio per Pechino ma nascosto dietro un’associazione culturale di facciata”.
In realtà lo strano rapporto dell’Italia con la polizia cinese è oramai piuttosto datato e rodato con i pattugliamenti “congiunti” iniziati nel 2015 nelle città di Roma, Milano Torino e Padova. Pattugliamento reciproco, che vede la presenza di poliziotti cinesi al fianco delle Forze dell’Ordine italiane nel battere il territorio delle nostre città e che, di tanto in tanto, vede le nostre Forze svolgere pattugliamenti in territorio cinese. Una procedura che se per il ministero dell’interno di allora avrebbe aumentato la cooperazione tra due forze di polizia, in realtà consente l’attività diretta di agenti stranieri sul nostro territorio, con annessi rischi di raccolte dati e di attività di intelligence sul campo.
L’allarme in tutta Europa è dunque alto come alto è il rischio di gravi interferenze di una dittatura straniera nel lavoro delle Forze di polizia europee. Vi è quindi da sperare che il nuovo Governo agisca in sede comunitaria ed intervenga per arginare questo pericolo che già in Olanda vede perseguitato un rifugiato politico, così da prevenire un’attività vergognosa che minaccia i diritti fondamentali sui quali si basa la società europea: la libertà di opinione e la libertà politica.
di Roberto Donghi