In un tempo di sospensione qual è la pandemia che stiamo vivendo, registriamo difficoltà e disagi che ci disarmano come persone nei diversi ruoli che ricopriamo. In particolare maniera, essere genitori ai tempi del Covid-19 si rivela una prova dura poiché viene richiesto di essere rassicuranti e rasserenanti, ed esserlo nel pieno di una bufera diventa impresa ardua. Il coronavirus ha messo i genitori dinanzi ad un enigma dalla portata significativa, genitori e figli attraversano, fianco a fianco, una difficoltà di grandi proporzioni. Non è sempre stato così? Qual è la particolarità del caso? Non è forse vero che succede quotidianamente di affrontare insieme, genitori e figli, grosse difficoltà esistenziali? In verità, non è stato propriamente così nella quotidianità prima del Covid-19 perché, di fatto, i genitori e i figli si ritrovano, inaspettatamente, ora, ad attraversare uno tsunami di emozioni nella stessa tempesta e sulla stessa barca. Nei momenti antecedenti alla presente pandemia l’attivazione emotiva non si rivelava per tutti al massimo grado di espressione e nello stesso identico istante. C’era un’asimmetria emotiva tendenzialmente netta, ed era molto più immediato scorgere le differenze negli stati interni di ciascun attore della scena di vita vissuta. L’incertezza della tempesta che genitori e figli percepiscono attualmente disorienta anche chi, per natura e struttura del proprio ruolo, dovrebbe orientare e guidare con fermezza e prontezza. Non è però funzionale lasciarsi guidare dal vento della bufera e dal caso, è utile, invece, ricordarsi, ora più che mai, del ruolo che si ricopre, mettendosi al timone. Quanto appena detto, non vuol dire che i genitori debbano nascondere i propri stati emotivi con lo scopo di rassicurare i figli, tutt’altro. Sarebbe controproducente e fallimentare. Anzitutto, le emozioni non possono essere soppresse, eliminate o nascoste e, pertanto, sarebbe un vano tentativo capace soltanto di confondere e, soprattutto, sarebbe dannoso perché si svuoterebbe di importanza il ruolo delle emozioni. Esse hanno una valenza evolutiva inestimabile, ci hanno permesso di giungere fino a qui nel percorso della sopravvivenza umana. Le emozioni vanno pertanto accolte e regolate. Mettersi al timone significa espletare le naturali funzioni del ruolo genitoriale, col fine di trovare la rotta da percorrere, riconoscendo che il primo passo consiste propriamente nell’osservare, piuttosto che nascondere, i propri stati interni, ossia i propri pensieri, emozioni e sensazioni corporee.
É vitale far fluire con consapevolezza i propri stati interni senza schivarli, è importante “guardare in faccia” ciò che accade nel momento in cui accade, questo permette già di per sé un equilibrio nei propri stati e, dunque, di placare lo tsunami emotivo. Mettersi al timone in quanto genitori richiede, come base salda su cui poggiare il resto, di essere regolati nelle emozioni, per così mettere in atto comportamenti funzionali. I genitori al timone se sono disregolati possono ritrovarsi su una barca capovolta, se sono regolati, anche se la barca si capovolge, hanno le risorse per poter risalire e procedere sulla rotta. I comportamenti funzionali portano alla sopravvivenza e, al contempo, ad una vita degna di essere vissuta, nonostante la tempesta in cui ci si ritrova. I genitori con emozioni regolate, oltre ad accompagnare se stessi e la propria famiglia verso la salvezza, hanno figli anch’essi efficacemente regolati in quanto sono in una fase della vita in cui si eteroregolano e, al contempo, gli insegnano, indirettamente, ad autoregolarsi. Regolare i propri stati interni permette di non diventare reattivi e disorganizzati, passando magari da stati di ipoattivazione e di iperattivazione. La regolazione emotiva si traduce sapientemente in una mente presente con consapevolezza, che non si inceppa e che non vaga tra le negatività del passato e le eventuali catastrofi del futuro, si tratta di una mente saggia, capace, anche nella bufera più pericolosa e rischiosa, di attingere dalle proprie risorse interiori per rispondere alle difficoltà del momento senza passivamente soccombere. Se così non fosse, svanirebbe la fiducia in se stessi, negli altri, nella vita, perdendo di conseguenza la capacità di essere creativi e, dunque, si ridurrebbero le possibilità di azione per risalire la china. I genitori hanno il compito di ritrovare in se stessi la propria forza per trasmettete ai figli un senso di sicurezza. La letteratura scientifica ci illustra che un volto e un tono di voce rassicuranti possono modificare il modo in cui ci si sente. Attenzionare i propri figli nei loro stati interni, partendo dalla consapevolezza dei propri, può farli sentire calmi e sicuri, facendoli uscire da eventuali stati di paura, preoccupazione, terrore. Tale sintonizzazione focalizzata con un’altra persona si traduce, di fatto, in “Sei al sicuro con me”. Rappresenta la possibilità prodigiosa di diventare modelli positivi per i propri figli perché, nella criticità del momento presente, si mostra di essere efficaci, regolati, consapevoli e resilienti. Si trasmette, quindi, speranza, perché si dimostra che anche nei momenti angosciosi e dolorosi, il margine di azione e di risposta di ciascuno è comunque rilevante. In questa complessa e preoccupante situazione, i genitori hanno la preziosa opportunità di insegnare ai figli la capacità di resistere e di reinventare se stessi, valorizzando i propri punti di forza e l’ambiente a cui si appartiene. Sarebbe come leggere a se stessi e ai propri figli i versi che seguono tra le righe dell’esistenza:
“Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere una via maestra
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti a realizzarlo nella vita”
Martin Luther King
Dott.ssa Rosetta Cappelluccio
Psicologa Psicoterapeuta