A sinistra si festeggia e si urla al cambiamento: Elly Schlein è stata eletta nuovo segretario
del Partito Democratico, la prima donna e la più giovane della storia del PD, e mentre nei
video della Bolognina si sentono i suoi giovani sostenitori cantare l’internazionale (come è
vecchio questo nuovo corso) i giornali europei la paragonano già ad una Alexandria Ocasio –
Cortez od a Jeremy Corbyn, quest’ultimo in particolare non certo esempio di successo
politico. “Abbiamo fatto una piccola grande rivoluzione”, dichiara felice in conferenza stampa.
Sarà vero? Forse, a patto di dimenticarsi che l’appoggio principale dei grandi vecchi
democratici (Andrea Orlando, Nicola Zingaretti, Francesco Boccia, e primo fra tutti Dario
Franceschini) era tutto per lei.
Un segretario anagraficamente giovane, ma che arriva tardi alla sfida delle donne che
guidano i partiti (Giorgia Meloni docet) e che sul piano ideologico dimostra di voler
riprendere tematiche già trattate almeno sette anni fa dal suo stesso partito. Certo, sentirsi
più giovani può far piacere a tutti, ma quei temi di boldriniana memoria quali l’immigrazione
porte aperte, la tutela delle minoranze ed il no al nucleare, parevano essere oramai archiviati
al 2016 o, in parte, relegati ai sogni politici dei pentastellati. Tematiche, appunto, minoritarie
e che proprio per questo motivo non hanno portato al Pd il voto della maggioranza degli
italiani. Questioni sulle quali la Schlein può vantare grande esperienza avendo collaborato,
nel 2008 e 2012, alla campagna elettorale di Barack Obama, ma che potrebbero rivelarsi un
deficit qualora il neo segretario considerasse replicabile il successo avuto dal tema delle
minoranze negli Stati Uniti senza un’adeguata contestualizzazione nostrana.
Una valutazione che potrebbe incrementare il senso di distacco tra il Pd ed il Paese reale.
Eppure la vittoria di Elly Schlein apre non solo a riflessioni ideologiche, ma anche pratiche sul
futuro del Partito Democratico, gruppo politico nel quale i segretari durano meno dei
Presidenti del Consiglio dei Ministri, con ben 11 eletti alla carica in 16 anni di vita del partito.
Il segretario di transizione
La prima idea che potrebbe sorgere è quella di una Elly Schlein segretario di transizione. Un
leader momentaneo e massimalista, buono per fare un’ opposizione marcatamente
ideologica e di facciata ma senza alcuna prospettiva futura. Poco meno di cinque lunghi anni
ci separano dalla prima elezione utile per cambiare l’inquilino di Palazzo Chigi. La strada è
lunga ed Elly Schlein può essere la figura necessaria a tenere vivo il Pd in questo lasso di
tempo con temi irrilevanti ma che di sicuro consentiranno di ricevere una grande visibilità e
di accendere i toni del dibattito nazionale riattivando quel clima, per nulla rimpianto, di
campagna elettorale permanente. Cinque anni per ridare al suo schieramento spazi marcati
ed alla fine dei quali il Partito Democratico metterà in campo un altro segretario, governativo
e rassicurante, da presentare alle elezioni.
Il segretario rottamatore
Oppure Elly Schlein potrebbe essere il segretario della rottamazione, non di persone questa
volta ma dell’intero partito. Di questo tema la Schlein è esperta, avendo iniziato la propria
carriera parlamentare proprio nel Pd di Matteo Renzi, e la sua vicinanza ideologica al M5S di
Giuseppe Conte potrebbe portare ad una graduale fusione dei due partiti. Nel caso,
bisognerà solo vedere quale partito ingloberà l’altro e quale sarà la leadership che ne
emergerà. Uno scenario forse più remoto, ma che vede comunque degli spiragli aperti dovuti
alla condivisione di molti temi.
La sfida a Conte
Una cosa potremmo darla per certa: la linea politica della Schlein renderà più marcati i
confini politici tra i blocchi di destra e sinistra, ma confonderà ulteriormente quelli tra Pd e
M5S. La battaglia che sembra profilarsi non è tanto quella tra due donne, ma tra due
esponenti di una stessa corrente. Una sfida interna lanciata a Giuseppe Conte per la
leadership dei populisti di sinistra, sfida nella quale l’ex premier ha già sparato il primo
colpo, rivendicando con un tweet quei temi elencati dalla Schlein come temi cardine del
governo Conte 2 e sui quali “abbiamo già da tempo progetti chiari”.
di Roberto Donghi