Lirium nella pittura di Cassarà vuol dire visionarietà, capacità di fare convivere i colori e le sfumature più inafferrabili, i colori naturali con tinte che possiedono virtù magnetiche e ci proteggono dal caos e dalla complessità, in sostanza è l’aspetto primo della profondità, della filosofia, della poesia, ma anche dell’equilibrio, dell’architettura della composizione e di tutto ciò che nasce con la pittura, col suo bisogno di riparare l’uomo dalla tragedia, dal troppo raziocinio, in sostanza da tutto ciò che lo può danneggiare, distruggere, impedirne i movimenti, trafiggerne il pensare.
E’ la tela la base del suo stile, che ci porta al sogno del cielo, del sole, del mare, del magma, dei fiori, con la possibilità di scambiarsi le visioni, ma continuando a cercare le stelle, perché senza di esse non ha senso stare sulla terra. Galileo seppe che il suo sogno era – egli era il sogno, un sogno più carico d’essere di tutte le pietre tagliate e le vetrate colorate di Chartres. Delirium nella pittura del maestro è connesso al concetto di narrazione, al transeunte, a ciò che muta, sapendo di mutare, ma è anche follia, spirito libero, distante dalle vecchie sintassi artistiche, che insegue il nuovo e il diverso, facendo brevi soste critiche, parte sfarfalleggiando da tutte le parti, facendo monologo di tutto, narcisismo acuto, per poi proporlo agli altri con un gesto poetico, che rasenta la follia, grande porta, aperta all’originalità.
Una luminosità della grande festa della pittura, una manifestazione di libertà e contemplazione, di rivolta nei confronti della misura, dell’ordine, di Atene contro Sparta, di Sibari contro Crotone, di Leonardo contro Savonarola, tutte dialettiche utili per comprendere, ma superate nell’oggi in cui saltano le distinzioni, le nomenclature e servono parole nuove per cose nuove.
La luce delle sue opere simpatizza con la semplicità, ma entrambe tuttavia aprono porte diverse dell’universo concettuale, l’una conducente ad una singolarità alta nella forma esteriore e nell’organatura interna, come si addice all’acqua di fonte, il brillante, l’oro e tutte quelle cose che si coniugano con se stesse, senza perdere, anzi più sono solitarie, maggiore è il pregio. La semplicità è una disponibilità a coniugarsi, a rendersi disponibile per una diversità scalare verso il semplicissimo, a scendere e verso il complesso a salire. Cassarà ci dice che il trionfo della natura è nella verginità dell’atto pittorico, che corrisponde alla sua vocazione totalitaria, entro cui è possibile solo una vita primitiva, essenziale, ma nell’essere modificabile in vario modo, fino alla poesia del giardino, alla sua salvifica concezionalità e nel fornire la possibilità dell’artificio dal più semplice (tela e colore).
La contemplazione e l’emozione sono due palesi oppositività che si richiamano per una sorta di conspiratio, come la santità e la tentazione, perché fanno parte di nostri a priori, che superano le culture e le usanze, sono qualità ancestrali, che appartengono al carattere di ciascuno, come testimoniano le biografie di grandi santi, come Agostino, Ambrogio, di pittori, scultori, architetti, poeti. La contemplazione, corrisponde con la nostra versione spirituale, religiosa, che ci fanno affermare che la verità non è mai nel realismo, nella storia, ma nello stile, nella forma capace di specchiarsi in se stessa e promuovere il rispecchiamento corale, s’accosta al superamento della differenza tra arte e vita e ci viene dalla lezione della statuaria greca, dalla sua iconologia matematica, geometrica, fatta apposta per ammutolire, per sospendere l’esteriorità, come in un rapimento mistico, reso avvolgente, atmosferico, astrale.
L’emozione dinanzi alle opere di Elio Cassarà è tutto, corrisponde alle sollecitazioni sensoriali, alla presa di sopravvento, dei turbamenti momentanei, di quella che si può chiamare sensucht, con tutto in crisi, niente è stabile, ma in tutto c’è energia, con una nostalgia del non essere, del futuro, ma momentaneo non vuol dire superficiale, anche se il delirante è fuori contenitore, per sua essenzialità.
L’emozione può accompagnare ai luoghi della nuova profondità, della memoria, della speranza, nella concretezza di ogni giorno, nei luoghi della propria vita, dove si abita, in continuazione. Contravvenendo anche allo spirito del tempo attuale che è di dismissione di ogni impegno, per trovarne tanti, nell’adeguazione del sentimento al volere. Che poi è questa la molla dello spirito veramente creativo, dove gli altri non trovano, nel suscitare vita dove altri sentono la morte, la stagnazione, addirittura l’informe del disfacimento.
Prof. Pasquale Lettieri
Critico d’arte
Tratto da “Luce trasparente”, catalogo di Elio Cassarà, edizioni Bugno Art Gallery, in mostra dal 9 aprile al 21 maggio, presso Novgorod Center of Contemporary Art, Velikiy Novgorod, Russia.