di Susanna Russo
Edoardo Sylos Labini è un attore e regista italiano. Ha fondato e lanciato nel febbraio del 2018 il movimento culturale CulturaIdentità, associazione del quale è Presidente, e che nel febbraio del 2019 ha dato vita all’omonimo mensile cartaceo #CulturaIdentità, del quale è editore. Attualmente è consulente artistico del Teatro Manzoni di Milano. Nel 2013 fonda e dirige il web magazine IlGiornaleOff.it, approfondimento dell’inserto OFF cartaceo del quotidiano Il Giornale, che ha vinto il Premio Margutta – la via delle arti per l’Editoria 2017.
Il suo debutto sulle scene avviene nel 1995 in Questa sera si recita a soggetto di Pirandello, regia di Giuseppe Patroni Griffi. È stato protagonista di numerose fiction e ha calcato diversi palcoscenici d’importanti teatri italiani diretto, tra gli altri, da G. Sepe, A. Pugliese, R. Guicciardini, S. Marconi, A. D’Alatri. Avvia poi un percorso autoriale interpretando i grandi personaggi della storia e della letteratura italiana, da Marinetti a Balbo, da Mazzini a D’Annunzio passando per l’imperatore Nerone.
La sua attività di editore e di animatore culturale continua in questi anni con la creazione dei Festival di CulturaIdentità che raccontano, in un mondo globalizzato, la storia e le radici del territorio italiano.
Si è iscritto a Forza Italia nel 2014 e ha partecipato al Comitato di Presidenza del partito. È stato nominato Responsabile del Dipartimento Cultura.
Dal momento che lei è il fondatore di CulturaIdentità, le chiedo cosa significhi per lei difendere la propria identità.
«Vuol dire difendere le proprie radici culturali e storiche, gli affetti e la famiglia. In un mondo sempre più globalizzato difendere ciò che siamo è molto importante. Soltanto difendendo la propria diversità ci può essere una vera integrazione, che non deve rappresentare un appiattimento degli uni sugli altri. Quindi difendere la propria identità significa difendere il proprio territorio, la propria storia, le proprie tradizioni e la propria arte.»
Nella rubrica che tiene all’interno del programma Anni 20, ha previsto per il Ministro Franceschini all’Inferno dantesco. Il Teatro invece riuscirà ad uscire dalla fase infernale che ha attraversato nell’ultimo anno e mezzo?
«Eh, potrà uscirne solo se ci sarà anche una riforma del FUS, il Fondo Unito dello Spettacolo. L’artefice di questa situazione purtroppo è anche Franceschini e di chi è venuto prima di lui; negli ultimi 10 anni sono state distrutte le piccole imprese teatrali, quelle private, e i piccoli teatri di provincia, garantendo importanti finanziamenti ai grandi ma pochi teatri stabili, e causando così un impoverimento di tutte le altre realtà. Ci si è ispirati al modello francese, costituito anch’esso da pochi ma grandi teatri, situati nelle principali città. La differenza è che in Italia anche un piccolo borgo di 1000 abitanti ha un suo teatro. Per risollevare le sorti è quindi necessaria, come dicevo, una riforma del FUS. Inoltre una proposta che ho lanciato io per primo, è che il Governo paghi per ogni posto vuoto in platea. Lo Stato deve risarcire i teatri e le compagnie che vanno in scena davanti a platee con posti a disposizione limitati.»
Il Teatro può diventare uno strumento politico?
«Beh sì, la Sinistra lo ha fatto diventare tale negli ultimi 40 anni.»
A tal proposito: il Teatro è una realtà su cui effettivamente la Sinistra ha il monopolio. Come vive questa cosa?
«È colpa dell’assenteismo della controparte. Fin da primo dopoguerra il Partito Comunista si è aggiudicato le tre colonne portanti del potere: cultura, scuola e magistratura. La responsabilità è del Centrodestra, che non ha saputo valutare l’importanza di questi ambiti, cosa che ha fatto invece il Partito Comunista, che in cambio di militanza assegnava posti agli artisti, e tutto è poi venuto di conseguenza.»
E lei invece sente di aver veicolato anche dei messaggi politici attraverso il Teatro?
«Sempre. Mi dedico ad un Teatro politico, ma non perché indirizza verso un partito, ma perché racconta personaggi che hanno fatto la storia e che hanno avuto un impatto culturale sulla nostra Nazione; parlo di D’Annunzio, di Marinetti, di Mazzini… E anche il mio ultimo spettacolo, anche se il personaggio è contemporaneo, si staglia in questo percorso di teatro politico-culturale.»
A proposito del suo ultimo spettacolo: qual è stata l’urgenza che l’ha spinta a voler mettere in scena Il Sistema?
La Giustizia è un tema molto importante, può determinare il futuro di ogni cittadino. Da circa 30 anni, da quando il Parlamento ha firmato la legge che ha tolto l’immunità ai parlamentari, c’è stato uno sconfinamento della Magistratura, che decide il bello è il cattivo tempo, che “decide” i governi. Tutto ciò emerge e si articola nel testo Il Sistema.
Da quanto si evince, anche dando un’occhiata ai suoi canali social, sua figlia Luce è il centro della sua vita. Che Paese vorrebbe per una Luce donna?
«Vorrei una Paese dove la creatività e l’Arte venissero valorizzate, dove chi si dedica al Made in Italy venisse aiutato dallo Stato. Siamo il Paese più bello del mondo, lo si dice sempre, ma poi nessuno parte da qui. Vorrei una nazione di artisti e piccoli imprenditori che amano il proprio Paese e desiderano rilanciarlo. Ecco, vorrei questo: un Paese di Artisti, Poeti e Lavoratori.»