di Alessandro Giugni
Nel corso del XX secolo il mondo è stato a più riprese sconvolto da conflitti bellici e da atti di crudeltà, perpetrati dall’essere umano ai danni di suoi simili, che nessuno, agli albori del ‘900, avrebbe potuto immaginare. In tale contesto, la fotografia ha svolto il cruciale ruolo di testimone per le generazioni future di quegli orrori che, altrimenti, sarebbero rimasti impressi unicamente negli occhi degli attori principali di tali eventi.
Una delle più lunghe, cruente e sanguinose guerre ad aver macchiato la storia di questo secolo è stata quella svoltasi in Vietnam tra il 1964 e il 1975. Essa affondava le proprie radici nelle conseguenze del conflitto tra Ho Chi Minh, leader dei Vietminh, il partito armato di resistenza per l’indipendenza del Vietnam (divenuto parte dell’Indocina francese nel 1884), e la Francia. La Guerra d’Indocina (1946-1954) si concluse con la vittoria dei Vietminh, con la sottoscrizione, durante la Conferenza di Ginevra, di un trattato di pace tra Francia e Vietnam indipendente e con la divisione del paese in due parti. Le elezioni, che si sarebbero dovute tenere di lì a poco, non si verificarono mai a causa delle tensioni sorte tra il Vietnam del Nord, divenuto repubblica comunista sotto la guida di Minh, e il Vietnam del Sud, nel quale Ngo Dinh Diem aveva instaurato un regime semidittatoriale mascherato da repubblica capitalista.
Gli USA, temendo l’estensione a macchia d’olio del comunismo (secondo la “Dottrina Truman” nel momento in cui un paese diveniva comunista anche i paesi confinanti avrebbero potuto subire la stessa sorte), decisero, in un primo momento, di appoggiare la causa del Vietnam del Sud fornendo loro unicamente supporto logistico, dopodiché, a seguito dell’attacco subito dalla marina americana nel Golfo di Tonchino, l’allora Presidente Johnson optò per l’intervento diretto, schierando 500.000 soldati e avviando una campagna di bombardamenti che si rivelò fallimentare, in quanto vennero colpiti principalmente scuole e ospedali, rendendo l’esercito americano particolarmente inviso a tutta la popolazione indigena.
Sul suolo vietnamita venne inviato anche Eddie Adams, fotoreporter autodidatta nato nel 1933, arruolatosi negli U.S. Marine Corps durante la Guerra di Corea (1950-1953) e autore di alcune delle più drammatiche e sconvolgenti fotografie di quella che fu ribattezzata “sporca guerra” (termine con il quale viene usualmente ricordata la guerra del Vietnam).
La più celebre fotografia scattata da Adams durante la sua carriera (gli valse il Premio Pulitzer nel 1969) venne impressa sulla pellicola a Saigon il 1° febbraio 1968 durante l’Offensiva del Têt. Dopo la sconfitta dei Vietcong e la cattura di alcuni di essi, il capo della Polizia Nazionale della Repubblica del Vietnam Nguyen Ngoc Loan decise di giustiziare l’ufficiale dei Vietcong Nguyen Van Lém, freddandolo con un colpo di pistola alla testa. Adams riuscì a cogliere il momento esatto nel quale il proiettile penetrò nella tempia di Lém, immortalando l’ultima smorfia di dolore di un uomo giustiziato senza regolare processo in quanto catturato mentre indossava abiti civili (alcuni anni dopo Loan, intervistato da Oriana Fallaci, disse di aver giustiziato sommariamente quell’uomo a causa del disprezzo che provava per coloro i quali, combattendo senza l’uniforme, erano da ritenersi rei di codardia).
Questa fotografia, che fu pubblicata sulla prima pagina del New York Times, risultò determinante nella riscossione delle coscienze dei cittadini americani e nel conseguente ritiro delle truppe USA dal Vietnam del Sud.