1. Un’anima per l’era digitale
Per approcciare con cognizione di causa il dibattitosull’attualissimo argomento in oggetto, occorre anzitutto vestire di nuovo senso e di diverso significato alcune parole-chiave, quali economia, ecologia, benessere, felicità e simili.
Questo esercizio mentale appare decisivo per poteresplorare e veicolare – con l’uso di un vocabolarioaggiornato nel solco della tradizione – tutte le potenzialità e le imprevedibili implicazioni connesse alle radicali innovazioni della transizione digitale, che si muove in travagliata asimmetrica corsa.
Si tratta infatti di un vorticoso passaggio epocale,tuttora alla ricerca di un’anima identitaria da infondere all’interno dei freddi meccanismi della tecnologia. Tentando così di confezionare un proprio codice-manifesto di valori, finalizzato a dare significato etico ed ideale alla rivoluzionata visione del mondo e del conseguente modus vivendi, caratterizzato da inusitati stili di vita.
Del resto, nel procedere dei nostri convulsi e irrequieti giorni, tocchiamo tutti con mano la pervasività della telematica. Per cui il dilagare della agevole (e superficiale) comunicazione a distanza – via“social”, sta rendendo “monca” e inaffidabile la relazione “sociale”, con difficoltà ad intendersi tra le persone.
Invece, la relazione del passato, in quanto vissuta dal vivo, svolgeva la fondamentale funzione di coesionesolidale delle ristrette comunità, con il contestuale contenimento dei pur ricorrenti conflitti di prossimità e di confine.
Per questo sarebbe anzitutto utile tentare di fermare l’attuale evidente deriva culturale, testimoniata in particolare dalla perdita di appeal e dal sempre piùraro e scorretto utilizzo della scrittura e della parola; strumenti ritenuti imprescindibili – presso tutte le civiltà – per la formazione e la trasmissione del pensiero, dei concetti, delle emozioni e dei sentimenti.
Non a caso, infatti, come sosteneva Buddha(l’“illuminato”, VI sec. a.C., India), le parole hanno ilpotere di distruggere e creare. Perciò la loro forza di generare energia potrebbe servire a passare dalla solitudine dell’Ego sum (io sono) alla meraviglia dell’Ego cum (io sono con). Ciò consentirebbe finanche di evitare a relegare definitivamente in soffitta i confortanti “segni” del “verbo” (il Diobiblico), incarnatosi nell’uomo – proprio attraverso la parola – per assegnargli il privilegio di un destino “oltre”.
2. Economia ecologia benessere salute
L’ECONOMIA (dal greco óikos, casa, e nómos, regola, legge) sta a indicare il complesso delle attività e dei rapporti fra gli uomini connessi alla produzione, alla distribuzione e al consumo di beni e servizi.
In teoria, e anche secondo la logica dell’interesseconcreto a perpetuare la propria stessa esistenza,l’economia dovrebbe muoversi in perfetta concordanza
con le risorse non indefinite della consorella ECOLOGIA. La quale, come ci ricorda la sua etimologia (dal greco óikos, casa, e lógos, studio, trattazione), rappresenta la casa comune di tutti gli esseri viventi, e per questo dataci “in prestito” dai nostri figli (detto attribuito agli indiani d’America).
Invece, visti i ricorrenti disastri causati dai cambiamenti climatici e dall’abnorme consumo di suolo, si può dire che, a iniziare dalla prima rivoluzione industriale, l’“inquinato” rapporto economia-ecologia si svolge senza tregua a tutto discapito dell’Ambiente.
Per questo il libro dei sogni, di cui al Progetto (tardivo?) della Transizione verde ed energetica, deve tuttora fare i conti con l’ingordigia del profitto, perseguito da spregiudicati potentati economico-finanziari. I quali continuano impunemente a sfruttare, senza tanti scrupoli, i beni della biosfera (acqua, aria, suolo), andando ben oltre la loro sostenibilità; con l’infelice risultato di avere ormai ridotto…in braghe di tela l’intero ecosistema.
Il BENESSERE è spiegato dai vocabolari come stato di soddisfazione interiore generato dal giusto equilibriodei fattori psico-fisici.
Il termine richiama altresì il concetto di “agiatezza”, inquadrato nel contesto di un sistema economico che -almeno sulla carta! – si prefigge determinate finalità “a vantaggio di tutto l’aggregato sociale”.
Dato però che il benessere è principalmente riferito aun “buono stato di salute” di ogni individuo, è evidente lo stretto legame tra benessere e salute;essendo comunque quest’ultima il bene più grandequale indispensabile presupposto dell’equilibrio fisico, psichico e mentale dell’organismo umano.
Del resto la SALUTE (dal latino “salvus”, salute, salvezza) è bene indisponibile nella sua funzione salvifica e di garanzia dell’ordine civico (sicurezza pubblica); con un occhio anche alla salvezza eterna,anche se il Vangelo prevede per i ricchi qualche difficoltà a entrare nel regno dei cieli.
A sua volta, la Sanità ha riguardo alla salubrità dei citati beni della biosfera, e sta in particolare a designare un sistema pubblico (ora in grave crisi),organizzato tramite un complesso di uffici, impianti e apparecchiature preposti alla cura dei singoli e della collettività. Senza poi trascurare la sorveglianza volta a circoscrivere e isolare zone colpite da malattie infettive (v. Covid-19 e sue varianti ancora “in giro”
3. Il benessere tra prodotto (Pil) e felicità (Fil)
Da vari decenni il livello di benessere degli Stati, dei corpi intermedi e dei circoscritti contesti geografici viene valutato, analizzato, comparato e monitorato attraverso la raccolta di dati statistici descrittivi della ricchezza e dei connessi risvolti sociopolitici. Siffatta metodologia di indagine è definita Pil in quanto fondata sul “prodotto interno lordo”, assunto come indicatore-base del benessere (o della povertà) delle Nazioni, nel rapporto qualiquantitativo delle risorse naturali e delle intraprese industriali, produttive, manifatturiere, ecc..
Per misurare poi la qualità della vita nella sua fugace fragilità, vengono presi in esame e confrontati altriindicatori, a loro volta suddivisi in macrocategorietematiche amalgamate tra loro (consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi,
demografia, società e salute, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero).
Tuttavia, il collaudato sistema Pil, stante la crisi del capitalismo consumistico con relativa recessione economica, appare bisognevole di correttiviintegrativi, in quanto ormai ritenuto insufficiente a cogliere tutti gli aspetti che vanno oltre i parametri del “prodotto” della ricchezza (e dintorni).
In alternativa, trova perciò ampio consenso il Progetto di “Economia del benessere”, che assegna priorità alla “felicità interna lorda” (Fil).
Un metodo considerato più adatto a fotografare la qualità della vita come avvertita e gestita dalle generazioni “onlife”, sempre connesse con un mondo mai sazio di nuova vita, e confuso tra il reale e il virtuale in continua interazione tra loro.
La felicità (dal latino fecundus, da cui femmina, e da felix, fertile, nutriente) non è tuttavia agevole da misurare. Si tratta infatti di un bene immateriale, il cui mutevole poco esplorabile livello qualitativo è manifestato da personali sentimenti, gusti e grado di educazione-istruzione. Peraltro la gioia, cioè la felicità partecipata e diffusa all’esterno, è regolata dal gioco alterno di specifici ormoni (dopamina, ossitocina, serotonina).
Per valutare quindi lo stato di benessere interiore si valorizzano -attraverso una serie di test e di interpelli- diversi indicatori di rilevanza spirituale e affettiva.
Ciò potrà consentire di indagare, alla luce dell’anima, le pieghe e le piaghe dei modelli esistenziali prigionieri di pregiudizi e di convenzioni ipocrite; quasi ad evocare la “vita miserabile” della quotidianità ripetitiva, annotata nei suoi “Diari” dal tormentato grande scrittore praghese Franz Kafka(1883-1924).
Non è questa comunque la sede per demonizzare la ricchezza e gli effetti distorsivi e corruttivi provocati dalla idolatria del denaro. Qui sembra tuttavia opportuno prospettare al lettore il sogno di una visione positiva del benessere umano, vissuto con la gioia e il piacere di condividerlo come dono al servizio del “bene” comune e non dei “beni” di pochi.
Sarebbe in tal modo possibile, tra l’altro, evitare l’alienazione dell’homo faber, poco sapiens quando,rendendosi schiavo della esorbitanza del produttivismo e degli affanni affaristici, non si dà cura della genuina pienezza della vita.
Altrettanto potrebbe accadere, ad esempio, anche a chi volesse osservare alla lettera la Bibbia dei bergamaschi: “laurà laurà laurà e basta!”; un comandamento che in ogni caso ha reso ricca e apprezzata la gens orobica, la quale probabilmente avverte la felicità e la dignità già nel sentirsi operosa.
Dott. Benito Melchionna
Procuratore Emerito della Repubblica