di Martina Grandori
Le vacanze di Natale spesso sono un ottimo pretesto per dedicarsi alla lettura.
In questo periodo di riflessioni, un tema, sottile, caldo, attuale è sicuramente il nuovo umanesimo, argomento discusso da filosofi, politici, monaci, giovani e persino da Papa Francesco.
In un momento di profonda crisi, non solo economica ma anche culturale e di ideali, in un momento dove la globalizzazione ha schiacciato e mortificato la curiosità e la voglia di sapere della maggior parte delle persone, è il momento di iniziare da se stessi per intraprendere la via della rinascita, la via di un umanesimo spirituale che porti più cultura, quel coltivare interiormente piccoli saperi che pian piano si sedimentano e stratificano come una squisita e prelibata millefoglie.
Sì perché oggi la cultura forse deve assolutamente avvicinarsi all’idea pop, la grande sfida di questo nuovo umanesimo è avvicinare persone di ogni età, la società, ad un sapere più facile, più intuibile, ad un’etica che negli ultimi decenni è andata persa. Più a portata di mano.
Se ci si pensa oggi è tutto così drammaticamente sintetizzato a livello di informazione e sapere che sarebbe un po’ troppo presuntuoso mettersi in antagonismo proponendo un sapere, una cultura, un umanesimo 2020 costruito leggendo mallopponi, libroni, parolone, noiosità e pretendendo il successo.
Bisogna ripartire dal basso, dalle periferie, da quei contesti sfortunati dove odio, faide, violenze e molto altro sono all’ordine del giorno e offuscano il desiderio di educazione, di sapere, che potenzialmente ogni essere umano ha a tutte le età. Va solo risolleticato, riscoperto, ricoltivato, non a caso la parola cultura deriva dal latino “colere”, cioè coltivare, ai nostri tempi cultivare un sapere all’insegna della pluralità perché oggi è un mondo aperto, dove gli immigrati non sono solo quelli che si vedono disperati sul barcone che lottano per la vita e per un futuro migliore, gli immigrati sono i nostri vicini di casa, sono i compagni di scuola dei nostri figli, sono i nostri colleghi di lavoro, sono parte del tessuto sociale.
E dell’Europa più che mai in questi anni.
Se ci si pensa sembra un controsenso. L’Europa è sempre stata la culla della cultura, del bello, del sapere, della letteratura, della scienza, della matematica, dell’arte, dell’architettura, dell’alta cucina, della botanica… in Italia nacquero l’Umanesimo e il Rinascimento. E oggi cosa succede? Siamo diventati universalmente ignoranti? Forse semplicemente poveri d’animo.
Lo sforzo più duro e importante al contempo da fare, è riprendere in mano se stessi, soffermarsi un attimo. Abbiamo dimenticato quella propensione al bello che l’uomo ha di suo, ci siamo ammalati di banalità e di brutto, complici sicuramente quegli scenari economici e politici deludenti, la crisi finanziaria ha innescato una guerra quotidiana fra chi non ce la fa più e si spegne. Ci siamo terribilmente impoveriti di cultura e spiritualità, non ne faccio un discorso religioso ma etico.
Estremizzando, a dilagare è la cultura formato news sullo schermo del telefonino. Inquadrare cosa sia successo per arrivare ad un vuoto del genere è assai complesso.
In Europa è nata l’istruzione, l’Europa è lo scrigno che custodisce buona parte dell’intelletto umano. Serve un punto saldo da cui ripartire, in Italia abbiamo una fortissima identità culturale che purtroppo si è sbiadita ma esiste. Ricerchiamola, basta anche riprendere a leggere i vecchi libri di scuola.
Qualcosa di bello sboccerà dentro ognuno di noi. L’insurrezione delle coscienze parte anche da un libro impolverato. L’importante è rinascere, il proprio, personalissimo umanesimo è dentro ognuno di noi.