Di Abbatino
Non è proprio finita 7-0 come auspicava Salvini qualche giorno fa, ma alla fine un pareggio che va stretto al centrodestra che aumenta i consensi ovunque, anche dove ha perduto tranne in Campania. Il risultato più eclatante dal punto di vista delle proporzioni lo ha fatto Zaia, confermato a furor di popolo governatore del Veneto per il centro destra. La sua lista aspira tutto, anche i consensi della Lega, molto meno a FDI. Che il sig. Zaia rappresenta l’equilibrio e la caparbietà dei veneti non lo scopriamo adesso: già durante l’emergenza sanitaria si è mostrato più concreto e orientato sul da farsi.
Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda la Campania di De Luca, che va al centro sinistra, a tratti più caratterista campano – copia di Bassolino – più che politico, ma efficace nella comunicazione, già ribattezzato il Salvini del sud, a sinistra orientato; ma mentre nel Veneto chiunque avrebbe avuto vita difficile, in Campania è sembrata palese la scelta inadeguata di Caldoro quale competitor. Se nelle Marche esce la vera novità con Acquaroli di Fratelli d’Italia che balza in avanti prepotentemente e riporta al centrodestra la regione, in Puglia Emiliano si conferma con l’aiuto del voto utile grillino e con il candidato compassato Fitto, che non ha proprio entusiasmato sin dall’inizio della campagna elettorale. Sulla Toscana non basta mandare avanti la giovane passionaria leghista Ceccardi per battere il più maturo fiorentino Giani, che proprio nelle province della piana fiorentina ha il suo zoccolo elettorale che una volta era di Renzi e della sinistra. Sarebbe servita una campagna elettorale più lunga e maggiormente preparata almeno sei mesi prima. La Liguria invece ha confermato Toti; l’ottimo governatore ha mantenuto le promesse e si è dimostrato capace di affrontare le emergenze, non ultimo il crollo del ponte Morandi. Sansa, sfidante di Toti, ha rappresentato il prototipo di alleanza tra Pd e grillini dimostrando che in politica non sempre due più due fa quattro: infatti siamo arrivati al massimo a tre e mezzo. Forse sarebbe il caso di riflettere su questa alleanza giallorossa alle amministrative. Il rischio per i grillini è di essere ancora più fagocitati dal PD, privi come sono ovunque di classe dirigente spendibile per grandi obiettivi.
Quindi, il torneo delle regionali finisce in pareggio, tre a tre, con vari distinguo e situazioni diverse da regione a regione ma con una sola costante: il M5S sta ovunque scomparendo. Sono finiti i bei momenti dove raccoglievano senza seminare, per fortuna.