di Martina Biassoni
Non è facile essere donna, ammettiamolo. Qualsiasi cosa otteniamo grazie al nostro impegno e dedizione ci viene immediatamente “rubata”, perché “tanto vuoi che quella lì, con quel bel faccino, se la sia guadagnata la sua posizione lavorativa?”. Una frase che ho sentito molto spesso recitare a qualche malfidato, cosa che mi ha sempre provocato non poco disgusto. Ma quando sono le donne, magari anche amiche care, a pronunciare una frase di questo tipo, o addirittura ad insultare chi, con impegno e costanza ha raggiunto i propri obiettivi nella vita, mi si accappona la pelle.
Non è possibile che – da donna a donna – non passi un briciolo di ammirazione, empatia, o anche solo riconoscenza, per le fatiche ed i successi altrui. Non è possibile che nel 2019 ancora l’invidia e la necessità di sminuire le altre siano necessarie in funzione di soddisfazione e appagamento personali.
Ma perché continuare a far sentire le altre dei vermiciattoli viscidi per essersi guadagnare una gran posizione lavorativa? Oppure perché far nascere il vile senso di colpa in chi, mamma, non ci vuole diventare; o per l’esatto opposto, non vuole la carriera per essere mamma full time? Molto spesso ci si spinge a commentare le scelte altrui, facendo leva su quelle che si sanno essere le debolezze ed i talloni di Achille di ognuna di noi, soltanto perché solamente in quel modo ci si sente migliori, “più donne di”. L’asilo è finito da un pezzo.
Ognuna di noi fa scelte diverse, scelte che provengono da consapevolezze di sé, background famigliari e, soprattutto, desideri diversi. Non è necessario che anche nel luogo in cui ci si dovrebbe sentire più se stessi ed accettati – l’Amicizia – ci si senta come circondati di mine d’invidia pronte ad esplodere in tutte le sfumature dei gas acidi che contengono. Non ci si guadagna nulla a gettare fango su un’altra persona, figuriamoci su un’amica di cui conosciamo tutti i più intimi segreti e il suo vero modo di essere. Tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine e le persone che sono state incurantemente sotterrate nel tempo si accorgeranno di quanto tossiche e mal sane in realtà si fosse dapprincipio e se ne andranno per non tornare.
Insensato e controproducente, quindi. Ma non solo. Anche sintomo d’una brillante ignoranza, cattiveria ed insoddisfazione personale nei confronti di qualcosa che si è, si ha, o si ha fatto. Ebbene sì, i sentimenti che si provano nei confronti degli altri non sono altro che lo specchio riflesso ed amplificato teatralmente di quelli – di vergogna – che si provano verso se stessi. Quindi l’essere invidiosi della posizione raggiunta da qualcuno potrebbe derivare dal poco sforzo che si mette nel raggiungere i propri obiettivi, da cui sorge per forza di cose insoddisfazione di sé. O l’essere carini davanti e parlar male alle spalle delle amiche, è sintomo di immaturità, di invidia di qualità che – segretamente – si vorrebbe fossero proprie. E così via…
Potrei elencare migliaia e migliaia di eventi, situazioni e caratteristiche che fanno della competizione femminile una negatività nella vita di ogni donna, ma penso fermamente che sarebbe ora di smetterla. Perché iniziare dei rapporti di amicizia in modo prevenuto, con riserve e sospetti senza invece donare tutte se stesse ad amplificare il legame al massimo? Perché non concentrarsi, poi sul sistemare e riordinare quei rapporti amicali che già sono parte della propria vita tramite dialogo, esternazione dei propri dubbi e delle proprie paure ed invidie nei confronti dell’altra e superare finalmente questo problema per arrivare, non dico ad un mondo privo di invidia e amicizie tossiche perché mi sembra parecchio utopico, ma almeno ad un mondo in cui le amicizie sincere, prive di sentimenti d’inferiorità, siano di numero sempre maggiore e sempre più d’ispirazione per tutti.