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mercoledì, 27 Novembre, 2024

DO UT DES. Colpire voto di scambio e clientelismi, questa sarebbe la vera Spending rewiew

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Con il governo Monti abbiamo conosciuto una nuova parola: Spending rewiew, letteralmente “revisione della spesa” da applicarsi a tutte quelle spese inutili e pazze compiute dallo Stato.Era una manovra necessaria non tanto perché voluta dai palazzi ma per riconquistare qualche punto presso l’opinione pubblica, oramai vessata dai continui prelievi di denaro dal proprio portafoglio mentre i rappresentati dello Stato sperperavano come se non ci fosse un domani.

Gran parte dei politici di “ultima generazione” sono degli imbecilli, troppo presi a rubare gli spiccioli per accorgersi che questo gioco ha il tempo contato e spiego cosa intendo. Ci sono i borseggiatori, quelli che rischiano per rubare un portafoglio, che non avendo la possibilità di organizzare “grandi colpi” (o il coraggio) si accontentano, facendosi vedere alla luce del sole e magari rischiando botte o qualche pallottola da  guardie giurate solerti e poi ci sono i grandi maghi della truffa, veri maestri che usano un’intelligenza sopraffina per mettere a segno truffe milionarie comodamente seduti dietro un computer, senza fare male a nessuno (anzi spesso suscitando l’ammirazione) e con il minimo rischio; ecco i nostri rappresentanti purtroppo appartengo alla prima categoria, quella degli sfigati. Non ci vuole un genio per capirlo, basta vedere che sono riusciti a mettere nelle note spese anche oggetti alquanto discutibili come vibratori e treni di pneumatici, spese che risulta difficile giustificare anche al più fantasioso dei revisori contabili.

Ma se ci pensiamo bene, da quanto tempo noi cittadini chiediamo di vedere come spendono i soldi? Da quanto tempo ci siamo resi conto che hanno stipendi stratosferici e rimborsi pantagruelici? Da quanto tempo sappiamo che ci sono centinaia di migliaia di auto blu e quanti soldi percepisce un “bidello” della Camera dei Deputati? Poco direi, pochissimo, dal momento in cui ci siamo trovati con il portafoglio vuoto, da quando non siamo più riusciti ad andare in vacanza o a pagare il mutuo, da quando l’agenzia delle entrate si è scatenata ad inseguire immaginari evasori e da quando le imprese non hanno più avuto i pagamenti da parte dello Stato.

Certo perché prima e parlo della”prima Repubblica”, a nessuno è mai venuto in mente di andare a fare i conti in tasca ai politici, a nessuno sarebbe mai passato in mente di discutere un’auto blu o di negare ai rappresentanti del popolo un posto in tribuna vip con tanto di scorta. Ma poi si sa, lo spirito dell’italiano è questo: guardo il mio orticello, se va bene di quello che fanno gli altri me ne frego, se il mio orticello si secca guardo con invidia quello del vicino e mi chiedo come fa ad essere così rigoglioso, probabilmente perché mi sta fregando il terreno migliore e allora parte la “botta d’invidia” e la ricerca di come poter  far seccare pure il suo. Nel caso della politica c’è da aggiungere che prosciugare le tasche dei ladroni è “cosa buona e giusta” (parlo per invidia ovviamente come tutti voi miei cari lettori), anche se sono convinto che il lavoro vada retribuito così come pure le responsabilità: più responsabilità uguale più soldi, più risultati uguale più benefit, paese quasi fallito uguale tutti a casa. A fronte di quanto detto fino ad ora capite bene perché li definisco imbecilli, “ladri di polli” come direbbe mio padre, pensano a “borseggiare” piuttosto che a  “grandi truffe” con il risultato di essere scoperti miseramente quasi quotidianamente facendoci spesso vergognare di avere personaggi così miseri. 

Mi piace pensare agli onorevoli della prima repubblica che invece, da politici veri, non pensavano ad un tornaconto prettamente personale in termini economici, ma trovavano sistemi per far entrare denaro nelle casse del partito per poter acquisire il tanto ambito “potere”, cosa ben più importante dell’acquisto di un suv in caso di neve. Allora mi sento di dare io il suggerimento, di consigliare una strategia sicuramente vincente: prendete esempio dai vecchi, fate in modo che ogni italiano abbia la possibilità di pagarsi il mutuo,  di comprarsi i vestiti in saldo, di fare 15 gg di vacanza a Rimini e di poter cambiare l’auto ogni 8 anni, così come accadeva nei tempi migliori e vedrete che nessuno verrà più a contestare i vostri guadagni e le vostre ruberie, insomma una truffa alla grande e non un borseggio.

Nessuno ovviamente seguirà la mia dritta, questo perché ai signori delle poltrone dell’ italico popolo poco importa, la riprova è nella sfrontatezza con cui compiono le loro gesta, nella continua convinzione che nessuno li potrà mai scalzare dalla poltrona guadagnata con così tanto sudore, ma soprattutto perché i voti per poter galleggiare se li guadagnano in altro modo, quello più semplice: li acquistano dagli intermediari della politica, non con soldi ma con altri sistemi che ora vedremo.

Ero piccolo, mio padre impegnato politicamente mi portava a volte nella sede del partito di cui era segretario cittadino e al piano superiore vi era lo studio del vice segretario nazionale, uomo d’altri tempi. Mi colpì come era strutturato: un lungo corridoio di ingresso farcito di sedie e di persone che aspettavano, come nella sala d’aspetto di un dottore; mio padre lo chiamava “l’ambulatorio” ed era il modo per interagire con i cittadini e viceversa; chi aveva un problema si recava “in visita” esponeva quanto accaduto e “l’onorevole” dopo aver preso nota garantiva che si sarebbe preso cura della questione, assicurandosi per questo il voto del paziente e della famiglia, “do ut des”, un sistema ben conosciuto nei paesini del sud dove i contadini si rivolgevano al signore del posto per ricevere favori: qualcuno narra che così nacque la mafia.

Nel terzo millennio le cose cambiano, basta ambulatori costosi e perdite di tempo, bisogna trovare sistemi differenti, più rapidi e con garanzie maggiori ma soprattutto è faticoso comprare voto per voto, richiede impegno, costanza e lo spirito del buon samaritano per poter aiutare tutti coloro che arrivano con un problema. Così trovano impegno un milione e duecentomila persone, personaggi non politici ma che vivono di politica: persone che ricoprono incarichi, posti di lavoro, associazioni, onlus, posti nevralgici in grado di far confluire al momento giusto e alla persona giusta qualche decina, centinaio o migliaio di voti e per questo “pagati” con posti più o meno importanti, con consulenze più o meno onerose, con appalti ad aziende amiche e via dicendo.

Qualcuno le chiama “lobby”, cosa normale negli USA, dove esiste la lobby delle armi che è presente in parlamento, quella del tabacco, quella del petrolio e anche quella della “ricostruzione dopo la guerra” (molto potente e attiva), ognuna che ha eletto i propri rappresentanti che garantiscono democraticamente gli interessi di ciascuna di queste. Abbiamo pensato di importarle anche in Italia e l’esempio più lampante è la lobby del gioco d’azzardo, delle slot machine, con l’unica differenza che qui  da noi non è lampante l’appartenenza ad una di queste e il legame lo si scopre solo una volta che viene fuori uno scandalo finanziario; chi è seduto nella stanza dei bottoni quindi non è libero di esprimere il proprio volere o portare avanti una battaglia in nome del popolo sovrano ma piuttosto è liberamente costretto a sostenere gli interessi di coloro che lo hanno messo in quel posto. 

Capita sempre più spesso di chiedersi chi sono i super manager dello stato, gente con stipendi da centinaia di migliaia di euro l’anno, abbiamo l’esempio di Befera, di Moretti, di Mastropasqua; pensate davvero che queste persone vengono pagate per le loro capacità manageriali? Ritenete giustificati stipendi da favola per manager pubblici a fronte di aziende scassate e a volte addirittura in perdita? Chi non si ricorda dell’amministratore delegato di Alitalia Cimoli che dopo aver ridotto sul lastrico la compagnia si è attribuito una buonuscita di tre milioni di euro? La domanda giusta da farsi quindi è  quanti voti ha in mano questo a.d. per potersi permettere una cosa del genere e chi ne fruisce? Difficile la risposta, l’omertà nell’ambiente, così come nel mondo mafioso è ad alto livello; tutti tacciono e si coprono a vicenda, nessuno ha interesse a far seccare l’orticello dell’altro, nessuno vuole far naufragare la lobby dell’altro perché allo stesso tempo naufragherebbe pure la sua: lo abbiamo detto prima “do ut des”, io voto le leggi che proponi tu e tu voti le leggi che propongo io, dare e ricevere con buona pace degli italiani che sono convinti che con il proprio voto possono cambiare le sorti del paese.

Sono i bacini di voti che permettono di esser eletti sempre agli stessi, sia ad alto livello che in quello più piccolo, sia al senato che al comune di 3000 abitanti, dove i consiglieri comunali sono spesso portatori di interessi personali come ad esempio aree edificabili e ricerca di licenze per centri commerciali, movimenti di capitali ingenti che garantiscono fette per tutti alla faccia del territorio e della salute.

La giustizia in Italia fa schifo lo sappiamo è lenta, spesso faziosa, ma come dice un mio amico avvocato “è una delle migliori del mondo, può passare tanto tempo ma prima o poi ti viene a prendere”; già peccato quel prima o poi, se fosse più rapida Penati non sarebbe prescritto così come altri marcioni del genere, se ci fosse una giustizia “certa” (e non solo per Berlusconi, permettetemelo) forse prima di rubare tutti ci penserebbero e anche i posti “milionari” verrebbero dati  per capacità manifesta e non per quantità di voti disponibili; cosa fare quindi?
Spending rewiew va bene, ma chi la decide? Chi la vota? Gli stessi che ne traggono profitto? Insomma come dire al capretto di mettersi sul vassoio da solo a Pasqua o dire ai senatori di votare l’abolizione del Senato.

Fatta le legge trovato l’inganno è un’altra triste storia italiana, aboliamo le Province e trasformiamo le grandi città in “città metropolitane” e accorpiamo i comuni, insomma è un po’ come eliminiamo il finanziamento pubblico ai partiti ma diamogli i rimborsi: grandi titoli per giornali faziosi pagati dalle lobby ma in realtà soltanto delle grandi prese in giro. 

Qualche settimana fa ad esempio la Corte dei Conti ha aperto un’indagine sui contratti di  assunzione in Provincia di Milano, pare presentino qualche anomalia; non mi sembra strano, anzi sarebbe opportuno che tutti sapessero come funzionano le cose, chi sono le persone che vi lavorano, a che titolo e con quale tipo di contratto, con quali competenze e con quali stipendi. Gruppi dei vari partiti politici che hanno personale pagato “dalla comunità” per gestire la segreteria,  assessori che hanno staff pagati con segretarie e addetti stampa..tutto normale?

Tutta gente necessaria? Tutta gente con competenze oppure persone alla quale i politici dovevano favori? Quante società e controllate esistono? Chi vi lavora, amministratori delegati, direttori, dirigenti, segretarie, consiglieri d’amministrazione sono messi lì da concorsi pubblici o per nomine dei partiti (la risposta la conosciamo)? Sono posti di lavoro a pagamento, in cambi di favori o di voti, posti di lavoro pagati da tutti noi per garantire lunga vita politica ai nostri rappresentanti. Ben venga allora l’eliminazione delle Province, delle aziende speciali, di tutte quelle inutili associazioni, fondazioni, società a partecipazione statale, regionale, provinciale, comunale; si dia inizio veramente ad una spending rewiew non tanto per “risparmiare qualche centinaio di milioni” ma per eliminare tutti coloro che vivono di politica, tutti coloro che barattano un pacchetto voti in cambio di un posto, per dare una pulita e un ricambio alla nostra politica italiana.

Dare e avere, una moda tutta italiana.

Massimiliano Russo

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