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Dietro il velo di Pitagora di Samo

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di Stefano Sannino 

A scuola abbiamo tutti sentito parlare di Pitagora, celebre per il famosissimo Teorema matematico che ha portato la sua fama a vivere in eterno, ma siamo sicuri di conoscere davvero tutta la verità?

Pitagora di Samo, nacque a Samo intorno al 580 a.C ed il 570 a.C. Fu conosciuto nell’ambito delle colonie della Magna Grecia per le sue doti sovrannaturali, che gli permisero di creare la “scuola pitagorica”, setta dal carattere iniziatico e dall’accezione fortemente occulta. Nel corso della sua vita, la setta pitagorica arrivò a diffondersi in tutta la Grecia, portando i suoi membri a ricoprire cariche politiche importanti, come nel caso di Archita di Taranto, del quale sappiamo che ricoprì una carica magistraturale proprio nella città che vide  i suoi natali.

Della setta pitagorica sappiamo che ruotava certamente intorno ad un unico leader, Pitagora appunto, il quale incentrò su di sé alcuni poteri magici ed iniziatici, che lo fecero diventare simile – all’interno della sua scuola – ad uno sciamano per alcune società. Tutto ruotava intorno a lui, mentre gli altri membri si dividevano in due gradi: acusmatici e matematici.

I primi, che potevano essere di ambo i sessi, erano tenuti ad ascoltare le lezioni dei matematici e del maestro Pitagora senza poter intervenire o proferire parola, né potevano guardare Pitagora in viso, il quale dunque appariva alle lezioni solo dietro ad un velo che lo separava dai suoi adepti.

I matematici invece, esclusivamente uomini, potevano discutere delle teorie numeriche del maestro Pitagora, potevano proporre nuovi teoremi e addirittura fare lezione agli acusmatici.

Ma da dove deriva questo potere mistico di Pitagora?

Certamente, e su questo gli storici concordano in maniera unanime, Pitagora introdusse nella sua scuola il concetto di metempsicosi o di trasmigrazione delle anime. Quel che non sappiamo è se introdusse tale credenza direttamente dall’India, oppure – più probabilmente – dall’orfismo, religione misterica greca, con la quale il pitagorismo aveva diversi punti di coincidenza.

In ogni caso, quel che è certo è che la metempsicosi permetteva ad un’anima di incarnarsi nuovamente, portando dunque ad un ciclo di reincarnazione. Solo Pitagora però, godeva di un ciclo di reincarnazione eterno, mentre non si è certi che il privilegio della metempsicosi fosse concesso agli acusmatici oppure in modo esclusivo ai matematici, sebbene non in un’accezione di eternità. Da questa credenza, Pitagora trasse il suo potere magico ed influì enormemente su moltissime usanze della sua scuola. Ricordiamo, tra le altre cose, che i pitagorici erano vegetariano, non potevano toccare metallo ed erano soliti evitare di ingerire le fave, poiché cibo tradizionalmente legato alla sfera dei morti.

Il ritratto di Pitagora che si delinea, è estremamente complesso sotto il punto di vista iniziatico, ma lo è ancora di più se tentiamo di analizzare quello che per i Pitagorici era il <<principio di tutte le cose>>: il numero.

Per loro, il numero non era qualcosa da intendersi in modo astratto, bensì aveva un’essenza quasi materiale, sostanziale. Il numero dava ordine al mondo, lo regolava e concedeva armonia. Più di tutto, certamente era il numero dieci, simbolo per eccellenza della perfezione cosmica e dell’armonia universali. Numero, che veniva rappresentato nel celeberrimo simbolo, che oggi conosciamo in ambito esoterico come tetraktys. L’importanza di questo simbolo, per i Pitagorici era tale che al momento dell’iniziazione il giuramento avveniva proprio sulla tetrattide.

Il dieci poi è entrato a far parte della Qabbalah, della Massoneria e della Teosofia in generale, arrivando a ricoprire – proprio grazie ai pitagorici – un’importanza fondamentale nella simbologia esoterica di tutto il mondo.

Chi era dunque Pitagora da Samo?

Un mago? Una divinità? Un matematico?

Forse nessuna di queste cose o forse tutte quante. Quel che è certo è che il nome di Pitagora è destinato a rimanere oscuro e velato di mistero, proprio come lui si m