di Abbatino
Sarà la pandemia o forse è solo il pretesto, ma in Campania non è passata inosservata la querelle tra Di Maio e De Luca. Una riedizione in salsa campana delle diatribe interne al governo, tanto che a De Luca scappa pure la frase fatidica “se dobbiamo stare al governo con uno così…”. È da tempo che il PD sta riflettendo su questo, non solo dopo la vittoria schiacciante in Campania, ma anche dopo i ripetuti passaggi di Zingaretti che hanno chiesto al governo di alzare il livello. Il livello, appunto. Troppo basso per un governo che ha toppato clamorosamente sulla seconda ondata costringendo mezza Italia al nuovo lockdown. Non bastano gli Stati generali grillini per ritirare su l’appell dei cinque stelle, ormai degradati a una stella e mezzo: i ministri grillini peccano di incapacità e cadono ingenuamente su bucce di banana ben visibili. Figuriamoci sentire Di Maio pontificare sulla politica estera nazionale, uno che come primo lavoro ha fatto il ministro del lavoro. Non se ne parla. Il livello è basso, non va negato. I 450 esperti non riescono neppure a legare le scarpe ad un abile comunicatore come De Luca, che in ridicole reti unificate campane, si lancia in invettive stile Antonio De Curtis, in arte Totò. È bravo nel nascondere i problemi incresciosi della Campania, molto meno nel risolverli. Un po’ il bue che dà del cornuto all’asino, direbbero i forbiti. Fatto sta che la Campania è zona rossa come voleva De Luca e non ne uscirà come annuncia il governo. Non c’è proprio tempo per i dettagli; questo governo è inviso ai principali astanti del PD, così come è tenuto in piedi per continuare a far sedere sugli scranni i grillini che altrimenti sarebbero asfaltati alle elezioni. L’effetto pandemico sta nel proseguire così come stanno le cose, tra uno screzio e l’altro, tanto per il momento serve solo per distogliere l’attenzione dai veri problemi del paese che sempre più sprofonda nella crisi economica.