di Stefano Sannino
Si dice spesso che la filosofia non serva a nulla: «La filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale tutto resta tale e quale» recita infatti un noto detto popolare. Ma è davvero così? Certamente, la filosofia è un sapere privo di ogni utilità pratica perché libera e svincolata da ogni altro tipo di sapere o di tecnica, ma ciononostante fa parte delle nostre vite da oltre duemila anni.
È vero che il sapere filosofico non produce nulla: i filosofi non hanno infatti mai deciso delle sorti del mondo, né sono mai stati coinvolti in tutti quei momenti decisivi della storia dell’umanità; eppure la riflessione filosofica ha portato con sé una serie di considerazioni che ancora oggi fondano il nostro modo di pensare. L’uomo greco, abituato certamente più di noi alla filosofia ed all’indagine razionale, era in questo più avanti di quanto non lo siamo noi moderni.
Ebbene sì, perché nonostante non vi siano risvolti pratici evidenti nell’indagine filosofica, questa implica delle conseguenze attitudinali su tutti gli uomini che, abituati ad esercitare un’indagine di questo tipo, si dimostrano irrimediabilmente più aperti, comprensivi e razionali nel guardare agli avvenimenti del mondo contemporaneo. E se nei secoli i filosofi sono stati derisi, esiliati o addirittura uccisi per le loro idee e speculazioni, le loro parole riecheggiano ancora nei nostri animi e nel nostro modus cogitandi.
L’utilità della filosofia non è dunque politica, artistica e nemmeno etico-morale: la filosofia è difatti un’attitudine, perché ci abitua al ragionamento ed il ragionamento a sua volta ci allontana dall’istinto e dall’irrazionalità. Davanti ad un mondo di orrori, dominato negli ultimi anni da una pandemia e dalle guerre, l’esercizio filosofico ci rende meno vicini a quel tipo di Eris [discordia, nda] che Nietzsche avrebbe definito come deleterio per l’essere umano. La discordia, quale prodotto della superbia, dell’arroganza e dell’irrazionalità conduce infatti alla violenza, alla supremazia dei forti sui deboli, all’annichilamento di interi popoli e nazioni. La discordia, in breve, conduce alla distruzione. La filosofia, d’altro canto, con la sua abitudine al pensiero ed all’indagine razionale, conduce all’unificazione, alla comprensione e dunque alla pistis sofia, ovvero alla conoscenza superiore.
In questo orizzonte, la frase dal sapore Hegeliano «La nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo» si rende chiara e manifesta: c’è bisogno di filosofia, sopratutto quando a regnare sono l’irrazionalità e la discordia; c’è bisogno di filosofia perché essa ci abitua alla ragione, ci civilizza, ci eleva ad essere oltreuomini.
Davanti al chaos generato dalla paura della pandemia, davanti al grido silenzioso delle vittime innocenti di una guerra senza senso, davanti a tutti quei meccanismi prodotti dall’attitudine umana all’irrazionalità, l’esercizio filosofico resta dunque l’arma migliore che si possa adottare per sconfiggere il mostro della paura e per dare una definitiva prova di civiltà. Allora sarà finalmente vero, che la penna ferisce più della spada.