di Gabriele Rizza
Dopo il grande successo dell’approvazione alla Camera dei deputati del ddl Zan, festeggiato poi da tutto il mondo influencer sui social network, dalle star della tv e da certi media, il testo si è arenato al Senato, dove l’iter per l’approvazione appare tortuoso per numeri e rimostranze giuridiche anche da esponenti interni alla sinistra e al Movimento Cinque Stelle.
Il nemico del fronte massimalista e assolutista pro ddl Za, non è più adesso la coppia Matteo Salvini – Giorgia Meloni, ma quel Matteo Renzi che si sta “impegnando” per trovare una mediazione tra il centrodestra e l’asse PD – M5S. Ad Alessandro Zan, Laura Boldrini e soci, non va proprio giù un Renzi che proprio su queste tematiche cerca una “mediazione con le destre”, e vale ancor di più se Matteo Salvini si mostri disponibile a trovare una sintesi che soddisfi tutte le sensibilità del Parlamento: “Un accordo sul ddl Zan lo troviamo in cinque minuti”. Perché per certa sinistra liberal la destra deve essere necessariamente quella di Orban o Trump: non esiste discussione, esiste solo il retrogrado che ostacola il progresso. E che un uomo culturalmente di sinistra, come Renzi – che ha reso possibili le Unioni civili quando era premier – si metta a dialogare proprio su questi temi non è per loro “tollerabile”. Perciò niente mediazione, niente passaggio in Commissione giustizia, si va in aula, senza se e senza ma.
Tutto ruota intorno all’articolo 1 del ddl Zan, che Salvini e Renzi vorrebbero modificare perché il più ideologico e anche quello che pone maggiori problemi di interpretazione giuridica. Infatti l’articolo recita: “per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Viene abolito il binomio giuridico uomo – donna a favore della percezione che si ha di sé. E se questo articolo è già complicato, si accompagna l’articolo 4 che punisce la discriminazione. Il mix di questi due articoli porrebbe problemi del genere: se uno stabilimento balneare vuole assumere solo un maschio biologico come bagnino perché ritenuto più resistente per certi lavori fisici, sta discriminando gli altri o è un suo diritto assumere in base a certe esigenze lavorative? Questo è solo uno dei piccoli casi. A pensarci la risposta è semplice: certamente non è una discriminazione. Ma i giudici non potranno ignorare denunce per questi casi, che andranno ad intralciare la già macchinosa giustizia italiana.