di Susanna Russo
“Bisogna essere ancorati alla realtà: tutti volevamo tenerle aperte, le scuole. Abbiamo tenuto le attività in presenza fino allo stremo. Stiamo lavorando per riportare la scuola in presenza e in sicurezza il prima possibile. Non sono decisioni da prendere a cuor leggero, ma lo abbiamo fatto con senso di responsabilità. Sono scelte a cui tutto il paese deve partecipare”. Queste sono le dichiarazioni rilasciate dal nuovo Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, intervenuto a Uno mattina.
È da ormai un anno a questa parte che non si fa che parlare della cosiddetta “Dad”, come se l’acronimo salvasse dalla brutalità della definizione per intero, “didattica a distanza”. Perché ormai, a distanza, siamo abituati a fare tutto, ma sembra ancora impensabile che da ieri più di 7 milioni di studenti italiani, siano tornati a seguire le lezioni chiusi in camera, davanti ad un computer. Con l’avvento della zona rossa tutti gli istituti scolastici, dagli asili nidi ai licei, sono costretti a chiudere, e a riconsegnare gli studenti alle proprie famiglie, che spesso e volentieri non riescono a gestirli e a supportarli.
Da Marzo 2020 studenti di ogni età hanno sperimentato tutte le possibilità esistenti pur di veder rispettato ed adempiuto un loro diritto, quello all’istruzione. Hanno testato la didattica in presenza con distanze, mascherine, intervalli passati al banco e divieto di sporgersi troppo da quest’ultimo per non invadere lo spazio altrui; sono passati poi alla “didattica mista”, che consente solo al 50% degli studenti di seguire le lezioni dal banco, mentre l’altra metà è relegata alla scrivania di casa, il tutto precariamente sorretto da una scarsa connessione internet. È in questo clima che, a Milano, è nato il comitato “A scuola”, composto da genitori, studenti ed insegnati che ritengono che la scuola in presenza sia essenziale per garantire il diritto all’istruzione e per contenere la dispersione scolastica.
I membri del comitato mettono in luce i rischi che si corrono con l’apprendimento a distanza; tra questi vi sono, ad esempio, problematiche di attenzione, apatia e passività dei ragazzi.
Interviene sull’argomento anche Chiara Caruso, psicologa e psicoterapeuta intervistata da Ansa, che spiega che, tra gli adolescenti, c’è chi comincia a manifestare comportamenti violenti verso l’esterno o su di sé, questo per esprimere impotenza e rabbia, col rischio che, talvolta, si arrivi fino alla depressione.
La psicologa parla di questa situazione come di una vera e propria emergenza sociale, e anche lei ritiene che per far fronte a questi forti disagi sia necessaria la riapertura delle scuole, a detta sua, tra i luoghi più sicuri.
[continua nel prossimo articolo]
Ben detto !