di Mario Alberto Marchi
Vero che prima o poi bisogna tornare alla normalità, vero anche che il mercato impone che le aziende stiano in piedi sulle loro gambe, ma l’accesso al credito resta comunque un fattore di sviluppo fondamentale e – in questo momento – uno dei motori della ripresa. In quest’ottica, è lecito ritenere sia un po’ prestino per ridurre le agevolazioni messe in campo nell’emergenza covid, eppure qualcuno nelle stanze dei bottini, nei ministeri che trattano di economia, deve invece aver pensato che il brutto sia ormai passato e le pmi in particolare abbia davanti a loro prospettive rosee.
Solo così si spiega una novità, nascosta tra le pieghe del recente Decreto Sostegni bis, con la quale si tagliano le garanzie statali sui prestiti alle aziende. Viene ridotta dal 100% al 90% la garanzia statale per i prestiti erogati dalle banche fino a 30.000 euro alle partite Iva e alle piccole e medie imprese. Per le aziende che chiedessero finanziamenti superiori, ci sarebbe in teoria la buona notizia dei piani di rimborso che passano da 6 a 10 anni, ma anche in questo caso, con una mano si dà e con l’altra si toglie, visto che la garanzia pubblica si riduce, rispettivamente, dal 90% al 70% per i piani di rientro fino a 8 anni e dal 90% al 60% per quelli fino a 10 anni.
Capire la ratio non è facile, ammesso che una ratio ci sia. Secondo Istat, oltre la metà delle imprese (con il 37,8% di occupati) prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese da affrontare fino alla fine del 2020. Il 38% segnala rischi operativi e il 42,8% ha richiesto il sostegno per liquidità e credito. Varrebbe la pena ricordare che si è usciti da un anno drammatico, nel quale Per oltre il 70% delle piccole e media imprese il fatturato si è più che dimezzato nel 41,4% dei casi o ridotto tra il 10 e il 50%, nel 27,1% dei casi.
Solo l’8,9% delle imprese è riuscito a resistere, mantenendo lo stesso volume di fatturato.
La contrazione in generale è stata di oltre il 13,5% nel 2020, con un recupero previsto da alcune proiezioni per quest’anno dell’11,2%, ma che per qualche analista non è per nulla scontato e ed ogni buon conto, non riuscirà certo a compensare la voragine di 300 miliardi di perdite. Visto che la stessa Confindustria prevede che il vero rimbalzo non si vedrò prima del terzo trimestre dell’anno, non sarebbe il caso di mantenere alle nostre pmi tutte le misure possibili di sostegno almeno fino ad allora? Magari ricordandosi che si sta parlando di 200.000 realtà, che generano il 41% dell’intero fatturato e occupano il 33% dei lavoratori privati.