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giovedì, 28 Novembre, 2024

Cosa unisce Salvini e Berlusconi

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Sono sempre più numerose – almeno in questo momento – le scelte che dividono Silvio Berlusconi e Matteo Salvini: sarà il tempo a dire se si tratta solo di una divaricazione contingente o di due scelte strategiche totalmente divergenti.
– Articolo di Daniele Capezzone (nicolaporro.it)
Eppure, una cosa li unisce: i loro nemici. Non solo perché buona parte dei metodi a lungo praticati contro Berlusconi (mostrificazione personale più attacco mediatico-giudiziario) sembrano oggi applicati, sia pure con le varianti del caso, contro il leader leghista.
Ma soprattutto per un clamoroso errore di grammatica, di sintassi, dei loro avversari: i quali attaccano Salvini, come prima attaccavano il Cav, ma dimenticano del tutto gli elettori salviniani e berlusconiani. Sembra incredibile, eppure accade. La prima regola della politica è che ci si dovrebbe rivolgere agli elettori, cercare di persuaderli, non solo tenere i “propri”, ma convincere una parte degli altri, creare dubbi agli elettori oscillanti e indipendenti. E invece no.
In troppi – da oltre vent’anni – come in una sequenza ossessivo-compulsiva, ripetono sistematicamente lo stesso errore: portano l’insulto a un livello tale da tramutarsi in offesa verso l’elettore che non vota a sinistra, di fatto trattato come imputato da giudicare, anziché come “giudice” delle diverse offerte politiche.
E proprio questo meccanismo di colpevolizzazione (voti per quelli? Ma allora sei evasore fiscale, razzista, fascista, eccetera) induce fatalmente tanti elettori a diffidare della sinistra, chiunque sia il “campione” del momento dall’altra parte. È lo stesso errore (anche qui di grammatica, di sintassi, fate voi) di chi, in un faccia a faccia televisivo, si preoccupa di offendere e umiliare l’avversario, dimenticando di rivolgersi a chi guarda, e dell’effetto – sugli spettatori – del proprio comportamento.
Finché a sinistra non rifletteranno su questo elementare meccanismo, saranno inevitabilmente destinati alla sconfitta, e a un controproducente aumento delle dosi di rancore.

Daniele Capezzone, 8 ottobre 2018

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