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Cosa è il Graal?

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Sul tema del Graal, o Santo Graal, si sono scritti migliaia di libri in tutto il mondo, sia come opere di saggistica sia come romanzi, è stato protagonista di opere cinematografiche come “Indiana Jones e l’ultima Crociata” e altre opere minori, senza dimenticare quelle di Richard Wagner, come il Parsifal e il Lohengrin. Un argomento che da appassionati di esoterismo è entrato prepotentemente nella cultura popolare. Ma qual è l’origine della leggenda? La prima opera che usa la parola “graal” ancora con l’iniziale minuscola è il “Le Roman de Perceval ou le conte du Graal”, scritto da Chrétien de Troyes, fra il 1175 e il 1190 circa, su commissione di Filippo I d’Alsazia, conte di Fiandra. L’opera è rimasta incompiuta, ma è quella cha ha dato inizio a tutto il filone del Graal. Nel romanzo, come già accennato, non si usa la parola “graal” con la maiuscola, ma si fa cenno a un generico graal, come semplice contenitore, e non c’è riferimento al calice di Cristo dell’Ultima Cena poi servito a raccoglierne il sangue quando era in Croce. Solo in opere successive il generico graal diventa il Calice di Cristo. È curioso che un’opera incompiuta di otto secoli fa abbia generato una tale influenza culturale che si protrae fino ai giorni nostri.

Il romanzo parla di un ragazzo, Perceval, che dalla madre viene cresciuto isolato dal mondo nella Guasta Foresta, per paura che possa morire seguendo le orme del padre e dei fratelli che erano tutti cavalieri. Il destino decide diversamente e il giovane incontra per sbaglio dei cavalieri nella foresta e decide di recarsi alla corte di Re Artù per farsi nominare cavaliere. Nella strada incontra il Cavaliere Vermiglio, lo uccide con un giavellotto e ne indossa l’armatura, diventando egli stesso il Cavaliere Vermiglio. Arrivato alla corte del Re, viene sfidato a trovare il graal e si lancia nell’impresa. Vive varie avventure comportandosi spesso volte come uno sciocco, essendo vissuto fino a quel momento “fuori dal mondo”, ma alla fine giunge al Castello del Re Pescatore, dove assiste ad una strana processione in cui vengono mostrati una lancia dalla cui punta spilla sangue e un graal luminosissimo. Il ragazzo rimane abbagliato da tali meraviglie, ma per timore non osa chiedere a chi serva il graal e pertanto viene mandato via dal castello. Se avesse posto la domanda, il Re Pescatore sarebbe guarito e la terra rifiorita. Il romanzo da qui in poi parla delle avventure di Galvano per poi ritornare a Perceval, che ha vissuto mille avventure lontano dalla Chiesa e in un giorno di Pasqua incontra lo Zio Eremita, da cui apprende che giorno sia, si confessa e fa penitenza. Il romanzo si interrompe e non si saprà mai se il giovane porterà a termine l’avventura, anche se la struttura del racconto fa ipotizzare un esito positivo. Trattandosi di un testo medioevale è intriso di simbolismi cristiani, ma si possono intravedere anche richiami a tradizioni pagane.

Il romanzo ha avuto continuazioni da parte di altri autori. Si ha una Prima Continuazione da parte dello Pseudo-Wauchier, una Seconda Continuazione attribuita a Waucher de Denain, la Continuazione di Gerbert, identificato con Gerbert de Montreuil, e la Continuazione di Manassier. Un’altra opera che si collega con Perceval di Chrétien de Troyes è il Peredur, opera inclusa nel Mabinogion, l’insieme dei racconti del ciclo arturiano di origine gallese. Il Peredur si rifà alle tradizioni celtiche britanniche, ma non è chiaro se sia stato Chrétien ad ispirarsi al Peredur o il contrario. In ogni caso, le due opere hanno evidenti punti di contatto.

In queste opere non è ancora nato il Santo o Sacro Graal ed è solo nel Giuseppe D’Arimatea di Robert de Boron che il graal viene identificato con il calice dell’Ultima Cena, poi servito a raccogliere il sangue del Cristo, così come la lancia che spilla sangue venne identificata con la lancia di Longino, che aveva ferito il costato di Cristo. Con Robert De Boron il graal viene posto in una dimensione totalmente cristiana e spariscono i riferimenti alle tradizioni celtiche.

L’ultima evoluzione, almeno nell’alveo delle opere classiche, è rappresentata dal Parzival di Wolfram von Eschenbach, che chiaramente ispirato al Perceval di Chrétien, trasforma il Graal in una pietra staccatasi dalla fronte del Diavolo quando venne precipitato all’inferno dopo la sua ribellione a Dio. Questo romanzo servì di ispirazione per l’opera di Wagner.

Un’ultima nota in questo breve excursus sull’origine della leggenda del Graal, su cui potrebbero scrivere i proverbiali fiumi di inchiostro, è l’associazione che partendo da “San Graal” lo si è trasformato in “Sang Real” ovvero Sangue Reale, in riferimento ad una nobiltà di sangue. Il re per eccellenza è Gesù Cristo e si è ipotizzato una discendenza da Gesù, che avrebbe sposato la Maddalena e che avrebbe dato origine alla dinastia dei Merovingi. In questo filone si inseriscono i misteri di Rennes Les Cheteau e i romanzi di Dan Brown che ad essi si ispirano. Questo filone si discosta da una ricerca spirituale che continua ad avere un suo interesse anche in un mondo moderno calato nella materialità e lascia piuttosto perplessi dando adito anche a sospetti su un’abile operazione di marketing che alcuni declinano come anti cattolica e altri semplicemente come un approfittare della credulità della gente per raggranellare più soldi possibili.

L’idea del Graal come dinastia realmente esistita è sicuramente un’idea adatta al contesto materialistico attuale che lascia in secondo piano una visione più spirituale della vita, che forse fa fatica a trovare persone interessate.

di Vito Foschi