di Martina Grandori
Convivialità: oggi più che mai è quello di cui tutti hanno più voglia e bisogno. Un paradosso, perché se ci si riflette, anche l’Italia è diventata una società pro take-away, del piatto pronto fatto da mani sconosciute e scaldato in pochi minuti, del cibo mangiato in maniera frugale mentre si fa qualcosa d’altro, da soli. Sebbene lo scenario che ci propone da quasi un anno la pandemia sia molto diverso dal grande pranzo con amici e parenti come nei film, in fondo al cuore tutti desiderano vivere dei momenti di convivialità, di godere di una bella tavola. Natale è alle porte e la voglia di calore è tangibile ovunque. Si desidera soltanto stare insieme seduti intorno ad un tavolo e chiacchierare. La solitudine a tavola è ancora più amara da digerire, non è una novità. Ecco allora che torna alla ribalta quell’arcano del cibo come elemento culturale. Alimenti che hanno una storia secolare, diventano i testimoni di tradizioni che si ripetono ogni anno, i banchetti fanno parte della storia del costume e raccontano di abitudini alimentari. Si mangia insieme per festeggiare qualcosa, anche semplicemente per onorare la famiglia tra le mura di casa come si usava nella società contadina. Attorno al tavolo si assaggia, si degusta, si sperimenta e si dialoga, il cibo e i suoi sapori sono trasmettitori di saperi e di storie. Il cibo come unione fra tradizione e contemporaneo (cavallo di battaglia di tutti gli chef che spopolano e che ripropongono sempre la ricetta della nonna). Dentro al cibo e attorno alla tavola ci sta il mondo. Nell’antica Grecia il pasto principale era detto logodeipnon, ovvero banchetto di parole. “Non ci invitiamo l’un l’altro per mangiare e bere semplicemente, ma per mangiare e bere insieme” scrive Plutarco nelle Dispute conviviali. La parola convivio (dal latino, convivium) mette sullo stesso piano il vivere e il mangiare insieme.
A tavola si insegnano ai figli le buone maniere, si educa a non sprecare, al rispetto della persona più grande e alla solidarietà verso i più bisognosi. A tavola si mettono le basi per trasmettere i primi valori etici, quelli che ci si porta dietro tutta la vita e che da adulti faranno da biglietto da visita. Tutte abitudini che purtroppo sono un po’ sfumate, oggi a tavola vige la fretta perché bisogna correre a controllare qualche messaggio, il vociare dei programmi televisivi fa il resto, stordisce nel sottofondo e la convivialità contadina svanisce. L’auspicio è che tutto il dolore e lo sconforto innescato dalla pandemia, porti a qualcosa di buono. Porti a tornare a sedersi ad un tavolo e chiacchierare, imparare, assorbire sapori, gusti e tradizioni della nostra tavola.
Perché come dice il famoso detto, a tavola non si invecchia.