Non si poteva mancare ieri sera presso la sala Facchinetti all’Umanitaria di Milano all’incontro promosso dal coordinamento milanese di Forza Italia, dove si discuteva del nuovo regolamento edilizio proposto dalla giunta Pisapia. In una sala gremita, importanti relatori hanno spiegato, anche ai più profani, cosa cambierà se dovesse diventare operativo il nuovo regolamento.
Dopo la breve presentazione tenuta da Giulio Gallera, coordinatore cittadino e consigliere comunale su come stanno operando lui e i suoi colleghi di minoranza per salvaguardare gli interessi dei cittadini milanesi è stata la volta di Fabrizio de Pasquale, suo vice coordinatore che si è addentrato più nel merito della questione, non risparmiando qualche giusta critica al governo cittadino e alle sue politiche rivolte non al miglioramento della città ma bensì alla salvaguardia di interessi personali e di partito che anche in questo nuovo atto sono ben visibili.
La parola passa all’arch. Ferradini presidente del dipartimento sviluppo del territorio, che con un intervento molto preciso e mirato ha elencato dal punto di vista professionale anche se a momenti molto tecnico, quali sono e quali invece dovrebbero essere gli strumenti da utilizzare per poter far crescere una città in continua evoluzione come Milano al pari passo delle altre città europee come Parigi, Londra, Berlino e Barcellona. Interessante come ha disegnato la figura del professionista che non può essere un mero “tecnico” servo di regolamenti e di imposizioni, ma deve ritornare ad essere il creativo e l’artista che dà sfogo alla propria fantasia creando spazi e volumi sempre in mutamento con solo tre precisi vincoli: l’estetica, la qualità abitativa, la statica.
La bravissima Ferradini mi ha fatto per un attimo ritornare in un’aula del Politecnico, dove i docenti ti fanno volare con la creatività e ti fanno credere di poter cambiare il mondo con una matita, migliorare la vita delle persone e dare un nuovo volto al mondo fino a quando non ci si scontra appunto con il regolamento edilizio del comune di Milano.
Ma che cosa cambia realmente qualora dovesse essere applicato? E cosa è un regolamento edilizio? Ce lo spiega l’architetto Gianni Zenoni, vice presidente dell’associazione “architetti per Milano”, che esordisce proprio spiegando con un effervescente intervento cosa sia un PGT e cosa invece il regolamento edilizio comunale : “se il PGT (piano di governo del territorio ex piano regolatore) stabilisce quanti metri cubi si possono costruire e dove, il regolamento edilizio specifica il come, impartisce le regole e delinea le forme, gli spazi, i dettagli” ed esibisce al pubblico presente in platea i vari volumi di regolamenti in vigore dal dopoguerra ad oggi, lanciando anche un chiaro messaggio mentre mostra quello del ’58 (il primo in assoluto) “ con queste poche pagine Milano è stata ricostruita dopo la guerra” e scatenando l’ilarità dei presenti quando invece esibendo l’ultimo prodotto della giunta ha fatto notare come le pagine sia diventate ben 150 con dettagli allucinanti che delineano anche come posizionare i nidi per i pipistrelli e come invece sia obbligatorio allontanare i piccioni.
Ma a parte i dettagli tecnici che possono interessare maggiormente gli addetti ai lavori, fra le righe si scoprono articoli che piacciono poco, molto poco e che potrebbero far passare brutti momenti ai proprietari di casa milanesi, così come ai commercianti piuttosto che ai grandi magazzini. In un linguaggio poco comprensibile infatti e non del tutto chiaro, spicca fra le altre una norma che regola le costruzioni in “stato di abbandono o di degrado”, norma che prevede addirittura l’esproprio da parte del Comune che può successivamente impiegare questi spazi come meglio crede (I centri sociali ringraziano) e l’impossibilità di richiedere nuove licenze edilizie a chi è in proprio possesso un edificio da riqualificare.
Ma le sorprese non finiscono qui, infatti per agevolare ulteriormente l’attuale situazione economica, esiste una norma che prevede che in caso di cessione di attività, il nuovo proprietario sia obbligato ad adeguare l’edificio ai parametri del nuovo regolamento edilizio, cosa che soprattutto in città risulta il più delle volte impossibile, non essendoci fisicamente gli spazi per creare nuovi parcheggi, nuovi bagni e via dicendo; un modo come un altro per far chiudere definitivamente chiunque abbia in mente di vendere una attività.
Non poteva mancare l’obbligo per tutti i negozianti di dotare l’ingresso del proprio esercizio di una rampa per permettere l’accesso ai disabili, cosa sacrosanta se non fosse alquanto impraticabile e con evidenti possibili risvolti tragicomici che lascio a voi immaginare. Questi sono solo alcuni esempi, un “bulimico regolamento” come lo definisce l’architetto Clara Rognoni, vice presidente del Collegio degli Ingegneri ed Architetti di Milano, un mare di norme inutili, scritte da avvocati e non da professionisti del settore, che mirano a complicare ulteriormente la già difficile situazione del compartimento edilizio aggiungendo “ulteriori responsabilità al cittadino e al professionista” rendendo qualsiasi pratica edilizia un lunghissimo calvario di anni.
Appare evidente a tutti i presenti come questo nuovo prodotto della giunta Pisapia sia un’accozzaglia di regole “che dovrebbero innanzitutto essere riscritte da un professore di italiano” aggiunge Zenoni e che va a minare anche la possibilità di recuperare gran parte delle aree dismesse presenti in città mettendo vincoli impossibili; e se i cittadini e noi tutti auspichiamo una riduzione della cementificazione del territorio andando appunto a riprendere e ristrutturare l’esistente dandogli un nuovo volto e una nuova vita, con questo regolamento si determinano criteri per i quali non si potrà fare altro che abbandonare gli stabili vecchi e fatiscenti (con gran gioia del comune che potrà confiscarli) e andare a costruire fuori città sempre che non si è in possesso di qualcosa di degradato.
E se oggi gli architetti sono già mortificati dalla commissione paesaggistica, dove non sono presenti a spiegare i propri progetti “fatti con il cuore” ma devono essere filtrati da dirigenti comunali frettolosi, da domani la loro utilità sarà praticamente nulla, non essendoci più uno dei requisiti fondamentali di cui abbiamo parlato prima, l’estetica.
L’ingegner Dettori, di Assimpredil Ance infine ha portato la voce delle imprese del settore, facendo notare la cosa più importante: fra norme già esistenti e quelle a venire con il nuovo regolamento edilizio, per veder prendere luce un progetto passeranno almeno 10 anni, decisamente troppi, per l’impresa, per l’economia, per il nostro Paese. Sentendo parlare questi stimati professionisti che con cognizione hanno ben rappresentato il disastro a cui si andrebbe in contro una volta approvato questo regolamento edilizio, mi è venuto subito alla mente un mio recente viaggio da un amico architetto nello Utah (USA) e di come si svolgono le stesse cose in quello stato; in pochi giorni ha comprato un terreno, senza notaio, soltanto un passaggio di titolo di proprietà dal precedente proprietario, ha realizzato un disegno “sommario” (due, tre visioni d’insieme dell’edificio che voleva costruire) e con queste due cose si è recato nell’ufficio comunale dove il funzionario, presa visione del titolo di proprietà e di cosa avrebbe costruito, ha apposto sul disegno un bel timbro “approved” con il quale il giorno dopo ha potuto dare inizio ai lavori di costruzione. In fin dei conti Milano è stata ricostruita dopo la guerra con un piccolo libretto di poche pagine…
Architetto Massimiliano Russo