di Max Buonocore
La carità è una parola che si usa spesso per descrivere un atteggiamento moralmente corretto e che innalzala la persona umana, è un termine che al giorno d’oggi si usa troppo spesso per descrivere come si devono comportare un uomo o una donna che vogliono diventare e comportarsi come delle persone per bene.
Soprattutto quando queste persone sono più fortunate rispetto ad altre; chiaramente parlo in termini materiali, cioè quando hanno raggiunto il traguardo dopo un duro lavoro e grandi sacrifici, e raggiunto il successo sognato; la carità viene vista e vissuta quasi come un ringraziare la società dei propri successi o delle affermazioni personali e professionali, questo per quanto riguarda la società civile nel suo insieme.
Per i cattolici e cristiani poi la questione è ancora più importante, sono tantissime le iniziative che riguardano la carità soprattutto nell’ambito del sociale.
Bisogna però fare delle considerazioni molto importanti. Perché il fatto di fare della carità e farsene un vanto – farlo sapere a tutti nel mondo – e poi nel proprio quotidiano coltivare e vivere in modo totalmente opposto ai dettami del cristianesimo o delle religioni, non ci assicura la salvezza, o detta in termini profani non ci assolve dai nostri errori spirituali, etici, morali quotidiani.
Quello che voglio dire è che oggi troppo spesso la carità viene strumentalizzata e trasformata in un vanto, attraverso la visibilità, facendo sapere al mondo che sono stati utilizzati soldi propri per attività di beneficenza, o dedicato del proprio tempo ad altri.
Sicuramente, come dicono le scritture, le vie del Signore sono infinite, e non voglio giudicare nessuno, la mia riflessione è rivolta all’essenza della carità.
E per questo ci può aiutare un famoso testo “Lo specchio delle anime” di Margherita Porete, beata che venne bruciata nel 1310.
Nelle note del libro possiamo cogliere un passaggio riassuntivo importante “l’uomo nobile si muove senza perché, ovvero in continuo distacco, obbedendo alla necessità, dove le cose, che sono nulle in sé, divengono tutte epifania dell’essere, e noi con esse”.
La carità è superiore, secondo i padri della Chiesa, alla stessa preghiera verso Dio e Gesù (e su questo passaggio si aprirebbero pagine infinite di
considerazioni), infatti nel libro si fa riferimento a San Paolo in un passaggio degli scritti del maestro Eckart “se fossi in un rapimento spirituale come San Paolo e sapessi che un malato aspetta da me un po’ di minestra, riterrei preferibile, per amore, uscire da tale rapimento ed assistere il bisognoso in un amore più grande”: Dio, Gesù, i Santi non hanno bisogno di noi, la carità deve essere anonima, deve essere fatta senza spettacolo perché altrimenti s’entrterebbe in quel meccanismo in cui ci s’aspetterebbe qualcosa di ritorno.
La vera carità è anonima, senza interessi, senza visibilità e per questo che Margherita Porete parla di distacco nella carità, si dona stessi senza motivi, senza nessuno interesse.
“Amare senza ricompensa”, cioè come un fuoco che arde senza bruciare, immagine che appare spesso nelle scritture.
Quindi la carità è come un fuoco che la Porete descrive in modo chiaro “ma colui che arde di questo fuoco senza cercare materia, e senza averla ne voleva avere, vede così chiaro in tutte le cose, che pregia le cose secondo che si deve pregiarle. Poiché tale anima non ha nessuna materia in sé che le impedisca di vedere chiaro, dato che è solo con sé stessa, in virtù della vera umiltà; ed essa è comune a tutti per la larghezza della perfetta carità e sola in Dio, per divina impresa del nobile amore”
La Porete in questo passaggio è ancor più chiara sul concetto di amore:
“E chi avrà sempre perfetta carità nella propria volontà, non avrà mai né rimorso ne rimprovero di coscienza. Poiché rimorso o rimprovero di coscienza nell’anima altro non è che mancanza di carità, per nessuna altra cosa infatti è creata l’anima, se non per avere in sé, senza fine lo stato di pura carità”.
La carità si collega al principio del distacco, il vero stato nelle proprie azioni è quello di non aspettarsi nulla, e soprattutto non pretendere nulla. Questo in qualsiasi nostro stato sociale: dal padre alla madre, dal ricco o alle persone che ricoprono una posizione superiore per motivi famigliari, lavorativi o sociali.
Impariamo a fare della carità, come insegna Margherita Porete e il maestro Eckart, attraverso le cose semplici, nella quotidianità e senza aspettarci nulla, e nell’anonimato, spesso senza senso, per scoprire la vera forza della carità.