Lealtà
Credere è amare. Amare è credere. Entrambi implicano fiducia nell’altro. Entrambi implicano il donare, il ricevere un dono. Il dono è la relazione, la “nuova entità”, appunto la relazione stessa, che nasce, tra due o più persone, quando il suo dinamismo è fatto di fiducia e amore. Senza fiducia non si può vivere. Tradire la fiducia è disonesto. Molto sleale è l’insincerità. Mostrare un volto buono, affabile, assecondante, partecipe, interessato, è ipocrisia, se nella realtà, alle spalle, agiamo in maniera contraria. Meglio un nemico leale che un amico sleale. Nelle relazioni non può non esserci lealtà.
La fede
La fede non è un obbligo ma una possibilità, un’occasione, una chance, una fortuna. Non gestita dal caso però. È una fortuna che accade agli audaci, agli umili. È una fortuna che accade a chi la desidera. Chi considera la fede come un peso, come un’umiliazione, come qualcosa da snobbare, non è degno di avere fede. Sì, bisogna essere degni di avere fede. Non moralmente degni, anche se comunque fede e morale sono collegati, ma spiritualmente degni. La fede è un dono che Dio fa a chi è povero in spirito. A chi è consapevole d’esser creatura, a chi è consapevole di non poter fare a meno del Creatore. La creatura senza il Creatore svanisce nel nulla.
Magari avessi fede come un granellino di senape! Magari la mia fede fosse capace di spostare le montagne!
«Credo Signore, aiutami nella mia incredulità», dico ogni giorno.
Quando c’è fede c’è il desiderio d’amare la persona di cui ci si fida. Avere una persona di cui potersi fidare, da poter amare, assicura il senso del futuro, perché la via per il futuro è la speranza. E la speranza è l’energia che non fa cadere il presente nel non senso e il futuro nel nulla. La speranza più grande da desiderare, per me, è ch’essa non venga mai meno in me, ch’io non perda la fiducia. Ma se fede, speranza e amore, in qualcuno, sono già esperienza di paradiso, quanto più non lo saranno una «fede retta, una speranza certa, una carità perfetta» in Dio?
La ricompensa
Il Vangelo di oggi ci parla della fede e ci dice che non dobbiamo chiedere a Dio la ricompensa perché abbiamo creduto. Saremmo degli sciocchi, degli ingrati, dei ciechi. La ricompensa è già poter credere. Aver potuto credere è la ricompensa e non questa devo pretendere perché ho creduto! Il dono più grande è Dio stesso, non i doni ch’Egli può farci. Noi che spesso amiamo non il Donatore ma i doni. Noi che spesso amiamo il Donatore per poter avere, come ricompensa, dei doni. Che ingannati che siamo!
S. Agostino, consapevole dell’essenziale, confessandosi scrisse: Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.” (Le Confessioni, X, 26-27).
di Angelo Portale