di Angelo Portale
Marco 10,46-52
46E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». 52E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
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«Situata a circa -250 m s.l.m. nella depressione del Mar Morto, Gerico è la città posta a più bassa altitudine del pianeta. È il più basso sito permanentemente abitato della Terra e datazioni compiute dagli studiosi sulle rovine trovate fanno ipotizzare che Gerico sia, insieme a Damasco, la città più antica del mondo. Non è chiaro quando sia stata fondata, ma alcune scoperte farebbero risalire la nascita della città ad 8000 anni prima della nascita di Cristo» (cfr. wiki).
La Scrittura va saputa interpretare tenendo conto anche della Geografia, dei luoghi dove accadono le cose. La storia della salvezza è anche una Teologia della Geografia. Gesù, recandosi a Gerico, si porta nel punto terrestre più basso dove è possibile trovare anime. Metaforicamente, possiamo dire: Gesù viene a cercarti nel punto più basso in cui potresti trovarti.
Ognuno di noi può trovarsi a toccare il fondo o perché afflitto dal dolore causato dalla natura o dagli altri o a causa dei nostri stessi errori. Qualsiasi sia la causa, Cristo non ha schifo di noi e viene a cercarci ovunque e comunque. Bartimeo, il protagonista del racconto, è seduto in mezzo alla strada, è cieco, mendica. È, in poche parole, una persona in balìa di tutto e di tutti. È un poveraccio, povero e disabile. Non ha né risorse materiali né le risorse “fisiche”, la vista, necessaria almeno per tirare a campare. Bartimeo è vulnerabile da tutte le parti. Ha una cosa però: la forza di gridare e di continuare a farlo malgrado alcuni vorrebbero silenziarlo. È una persona che ha veramente toccato il fondo, anzi risiede nel fondo, è disperato e si aggrappa all’ultima possibilità che ha: questo Gesù Nazareno del quale ha sentito parlare. Gesù “sente” che quest’uomo vuole essere salvato e si ferma. Lo fa chiamare. I verbi che descrivono il movimento di Bartimeo sono repentini, istantanei, decisi: «getta via il mantello, balza in pedi, va da Gesù». Gettando via il mantello getta via la sua “casa”. La zona di Gerico è un luogo con una forte escursione termica tra il giorno e la notte e, il mantello, era a quei tempi l’unica cosa con la quale i poveri potevano proteggersi. Bartimeo, nonostante fossepoverissimo, si priva anche dell’ultima sua certezza materiale. Si mette totalmente nelle mani di Gesù. Non desidera altro se non poter vedere. Pronuncia la frase «Maestro, che io veda di nuovo». Gesù gli ridà la vistae lui trova la sua strada: seguire questo maestro che lo ha salvato.
La richiesta di Bartimeo è molto attuale anche per noi di oggi. Quando non siamo coscienti e consapevoli delle nostre ombre e delle nostre malattie spirituali, siamo ciechi, mendichiamo affetto, facciamo del male agli altri, siamo in balìa degli eventi e di noi stessi e, invece di camminare lungo la strada della nostra vita sediamo ai bordi a chiedere l’elemosina a chi passa. Quanto è importante la vista!
Più vado avanti e più mi rendo conto che non c’è dono più grande della vera conoscenza di noi stessi. È per questo che già da tempo ho formulato l’hashtag conosciiltuosguardo ed è attualmente il nome della mia Rubrica sul giornale La Critica. È ciò che sento più utile per me: conoscere il mio sguardo, sapere quanto e dove sono cieco, sapere come guardo me stesso, gli altri, le cose. Infatti, se conosco il mio sguardo, posso capire perché parlo o agisco in un certo modo piuttosto che in un altro.
Tra i compiti che responsabilmente ognuno di noi deve assumersi nella vita c’è, senza sembra di dubbio, il guarire dalle nostre cecità perché, se siamo ciechi, non possiamo vedere i doni che già possediamo e a Dio chiediamo cose che non risolveranno mai i nostri bisogni più radicali.