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Dio può fare tutto anche senza di noi ma ha scelto di fare tutto quello che riguarda la nostra salvezza insieme a noi. Non si può sfuggire da questa realtà. La strada per arrivare a Lui è, e sempre sarà, l’altro, uomo e umano come me e come te. Forte e debole come me e come te. Antipatico e simpatico come me e come te. Tutto e il suo contrario come me e come te.
Questa reale-realtà o la assumiamo responsabilmente e consapevolmente o diventa il nostro inferno. L’inferno o il paradiso lo creiamo in qualche modo noi stessi già in questo vita in base a come scegliamo di interpretare gli eventi e in base a come viviamo le relazioni più importanti.
Il filosofo Martin Buber scrive: «Il singolo corrisponde a Dio quando abbraccia umanamente il pezzo di mondo che gli è stato affidato, come Dio abbraccia divinamente la creazione. Il singolo realizza l’immagine di Dio, nella misura in cui egli è personalmente possibile, quando con tutto il suo essere dice “tu” agli altri esseri che vivono intorno a lui», Martin Buber, La domanda rivolta al singolo.
Dio non ha bisogno di mettersi al posto dell’uomo anzi, mette l’uomo insieme a Sé nel suo stesso posto in modo che accogliendo ogni uomo troviamo lui. Cercare Dio significa farsi prossimo dell’altro. Farsi prossimo dell’altro significa trovare Dio.
È qui che concludiamo questo lunghissimo percorso “Sul volto dell’altro”, nella consapevolezza che ogni volto può diventare paradiso o inferno, amico o nemico, strada per Satana o strada per Dio.
Scrive sempre Buber: «Chi professa la fede in quel Dio che Kierkegaard ed io riconosciamo, come potrebbe credere, nel momento dell’esame decisivo, che Dio pretenda che il tu vero sia detto solo a lui, che a tutti gli altri invece sia detto un tu inessenziale e non valido – che Dio pretenda che noi scegliamo tra lui e la sua creatura!». E ancora, un suo commentatore: «Dalla relazione con l’alterità di Dio non discende, per Buber, la necessità di trascurare il mondo ma, al contrario, emerge una forte sollecitudine per il singolo a vivere pienamente la sua responsabilità mondana».
La santità di Dio più utile a noi umani è la Sua prossimità a noi. Se è così, come può non basarsi sulla prossimità all’altro la nostra stessa presunta o reale santità. Santo è chi ama, non chi non pecca. L’amore è una cosa concreta. È sempre azione generosa verso il bene e la verità, che sia indirizzata a noi stessi o che sia indirizzata all’altro. Ognuno di noi, infatti, deve essere capace di farsi prossimo anche a sé stesso con coraggio, costanza, lealtà.
di Angelo Portale