di Angelo Portale
2 Cor 12,7-10. Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. 8A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. 9Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.
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Quando si fanno delle esperienze spirituali molto forti è molto facile cadere nella presunzione di sentirsi spiritualmente più in alto di altri, più illuminati, più avanti nel cammino. Si manifesta così il vizio capitale della superbia. Nella tradizione spirituale cristiana la superbia è associata all’orgoglio. L’orgoglio o superbia è il primo dei peccati capitali, da esso si generano tutti gli altri: «La superbia corrompe tutte le virtù e tutte le potenze dell’anima» (S. Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe). Possiamo dire che esso è la testa e gli altri vizi sono i suoi tentacoli. Se non viene schiacciata la testa i tentacoli ricrescono.
L’orgoglio è il più spirituale dei peccati quindi quanto più il livello di vita spirituale è elevato tanto più forti possono essere le tentazioni legate a tale vizio.
Nella Seconda Lettura di questa domenica, Paolo ha appena raccontato di aver fatto una esperienza mistica elevatissima. Non fa direttamente il suo nome ma gli studi degli esegeti convergono in questa direzione. Quindi, per non cadere nella superbia\orgoglio, Dio gli ha messo una spina nella carne. Chiariamo subito che il riferimento non è a peccati contro la castità come invece molti predicatori amano dire. È una sofferenza che lo ridimensiona nel suo essere creatura e che quando si manifesta gli causa molto dolore. Le ipotesi sono diverse: la balbuzie, una malattia molto invalidante agli occhi, la sordità, l’epilessia, la depressione, l’isterismo. Ora, al di là di tutte queste supposizioni, tre cose possiamo tirar fuori da questa lettura che potrebbero risultare utili per noi.
- Dio, tramite la vita, i fatti, le croci, esercita una azione pedagogica ai fini della nostra crescita. Tutto ciò che ci fa soffrire ci ridimensiona, ci ricorda che non siamo onnipotenti, che siamo creature, che abbiamo sempre bisogno della Sua grazia.
- Un secondo aspetto lo traggo dagli scritti di S. Giovanni Crisostomo: «Questo vizio è per l’anima una fonte continua di sofferenza. Diverse ragioni possono spiegare ciò. L’orgoglioso può soffrire del divario tra ciò che crede o vuole essere e ciò che sente di essere realmente. Può soffrire altresì di veder minacciate o smentite l’immagine lusinghiera che esso ha o vuole dare di se stesso, o la superiorità che afferma in rapporto agli altri. Si mostra anche eternamente insoddisfatto nell’esaltazione che ricerca, perché mai potrà raggiungere la vetta e la sua pretesa non conosce fine».
N.B. Il contrario della superbia è l’umiltà. L’umiltà è la verità di se stessi, non è il disprezzarsi. Il superbo non vive mai in pace. In lui si manifestano spesso: rabbia, paura, ansia, presunzione, delusione. L’umile invece ha una quiete di fondo, perché vive con i piedi per terra e non si gonfia, che lo fa stare nella pace.