di Angelo Portale
[segue dall’articolo scorso]
La mia riflessione quaresimale per voi (parte seconda).
Nell’articolo scorso abbiamo detto che Dio non è venuto ad inseguire i colpevoli, ma a cercare i suoi figli. Possiamo quindi in tutta serenità riconoscere i nostri peccati di fronte a Lui senza paura e scegliere di convertirci, cioè pensare bene di Lui. È questo il primo passo della conversione.
Gesù, sulla croce, mentre veniva ucciso, ha forse maledetto i suoi aguzzini? No, ha pronunciato delle parole di una profondità disarmante, che si fanno beffe sia del politicamente corretto, sia di chi vuol convertire con la paura. Ha detto: «Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno». In quel momento gli aguzzini non erano consapevoli, non avevano luce. Si trovavano nelle tenebre. Gesù, in questo caso, ha parlato di peccato, si è schierato con la luce, ma non ha condannato. Ha identificato il peccato con le tenebre, con l’inconsapevolezza profonda del significato di ogni azione e della sua intenzione. Il giudizio di Gesù è stato un “fare luce sulla situazione reale”. Non ha fatto finta di niente e allo stesso tempo non ha condannato nessuno.
Parlare di peccato in questo modo è necessario, vitale per l’umanità. Parlare di peccato in questo modo non è condannare ma salvare, fare luce, svegliare. Non è colpevolizzare ma mettere di fronte alle responsabilità. Se Cristo è dovuto morire in croce vuol dire che c’è un dramma serio da risolvere e quindi non possiamo far finta di niente; però vuol dire anche che di fronte a questo dramma non è venuto con le maledizioni ma con una giustificazione: «Perdonali, perché non sanno quello che fanno». La parola peccato allora non è altro che la possibilità di riconoscere serenamente i nostri errori di fronte ad un Dio che vuole tirarci fuori dalle tenebre, che non cerca il colpevole, «che non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva».
Non ci salverà il relativismo del politicamente corretto, né le insensate condanne di finire all’inferno (che c’è ma è un’altra cosa). Gesù ha detto «È giunto a voi il Regno di Dio, convertitevi», espressione tanto liberante e salvifica come possibilità accolta, quanto grave e seria per la responsabilità a cui chiama e come eventuale occasione persa. Essa può voler dire: “È giunta a voi la salvezza, prendetene coscienza e sceglietela consapevolmente, perché Dio vi ama, perché la vita è seria, perché il peccato fa il male, fa male”. Convertirsi significa prendere coscienza, diventare consapevoli di una verità, porre tutta l’attenzione su di essa. La verità ultima e più sublime che Gesù ci ha rivelato si racchiude tutta in 3 parole: «Dio è amore». Se è vero che l’attenzione trasforma ogni cosa in se stessa, allora possiamo affermare che l’attenzione di Dio verso ciascuno di noi ci trasfigura verso la nostra identità ontologica più alta: figli di Dio. Ma bisogna porre attenzione a questa cura, bisogna accettarla, bisogna lasciarsi trasformare, perché uno sguardo d’amore nulla può in chi nemmeno se ne accorge.