di Angelo Portale
Ogni uomo ha da offrire qualcosa di buono e di specificatamente personale al mondo. Tale quid è legato – anche ma non solo – al talento speciale che ogni individuo possiede. Fare questa offerta è vitale per autodeterminarsi nel bene e di conseguenza verso la felicità.
A mio avviso è però essenziale per la persona più ancora che per il mondo. Cerco di spiegami meglio:
- Il mondo ha bisogno del mio contributo, di quello mio specifico in quanto mio. Con questo apporto io realizzo la mia persona perché metto in atto le caratteristiche specifiche del mio talento.
- Non è però assolutamente sicuro, per svariati motivi, che io riesca a farlo.
- Se riesco a farlo, realizzo me stesso come persona e mi avvicino maggiormente alla felicità e alla serenità. In questo caso il mondo beneficia del mio contributo.
- Se non lo realizzo, invece, va soprattutto a mio discapito in quanto vivrò nella frustrazione di chi non si autodetermina. Il mondo di certo, non godrà del mio apporto ma, continuerà ad andare avanti lo stesso. Certo, da una parte – oggettivamente – mancherà la razione di bene che potevo realizzare ma, dall’altra, se io non l’ho fatto conoscere mettendolo in atto, non mancherà soggettivamente a nessuno perché nessuno ha avuto modo di conoscere il mio talento.
- La realtà esige impegno e umiltà ed è spietatamente questa.
Mi spiego ancora meglio. Noi, oggi e a posteriori, siamo felici di poter godere delle musiche di Bach e Chopin, delle poesie di Ungaretti e Hölderlin, dei dipinti di Van Gogh e Monet, ecc. Tutto ciò però, solo a posteriori, solo cioè dopo averli esperiti: ci sembra che non ne avremmo potuto fare a meno.
Dopo aver apprezzato Bach, per gli amanti di questa musica, non è concepibile un mondo senza Bach. Se Bach però avesse fatto una scelta diversa e non si fosse impegnato a realizzare il suo talento, egli sarebbe rimasto nell’anonimato, noi non ne avremmo conosciuto la sua musica e, di conseguenza, non l’avremmo considerata così importante. Ciò che è bello, buono, vero, una volta conosciuto diventa rilevante ma se non è stato conosciuto rimane insignificante. Io la chiamo la duplice “terribilità” della possibilità: origine della realtà e condanna al nulla perpetuo.
Quindi, se io mi impegno ad essere protagonista con la mia vita in questo mondo, non in senso narcisistico, ma come essere responsabile che vuole portare il suo contributo, in qualche modo io riceverò una ricompensa e il mondo godrà della mia azione. Al contrario, il mondo non riceverà nulla di me, ma ciò non avrà nessuna rilevanza per esso, per le ragioni appena esposte sopra. Io però sarò senz’altro meno felice.
Dico questo per due ragioni. “Il rischio del talento” è duplice: può essere o sprecato o idolatrato. Se lo sprechiamo, stiamo facendo male. Se lo idolatriamo troppo e ci identifichiamo con esso, stiamo facendo male. Il talento ci dà ragioni molto importanti per vivere ma non possiamo vivere avendo come unica ragione il talento, ho letto forse da qualche parte. La realizzazione del talento richiede necessariamente impegno ma richiede inevitabilmente anche umiltà e quel sano distacco che non ci fa identificare con esso. Siamo tutti molto importanti, senza ombra di dubbio. Nei momenti però in cui il nostro daimon “funziona bene” il rischio è di volare troppo in alto. Rischio inebriante ma pericolosissimo! La vita ridimensiona tutto!
Per come stanno le cose, dopo il peccato originale, è la croce – a mio avviso – l’unica cosa indispensabile. Essa ridimensiona tutto. È la cifra per capire il mondo in profondità, per vivere da essere-umani-incarnati, per non sentirci Dio. La vita è una croce, croce gloriosa e benedetta che ci salva, ma una croce. E la croce è, misteriosamente, forse anche paradossalmente, la fonte della vita vera, se l’accogliamo nella fede, se ne comprendiamo il significato segreto.