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N.B. Il carattere ridondante di questa lunghissima riflessione sull’altro e sul noi non è conseguenza incosciente di disattenzione, né dimenticanza di quanto è stato già detto o non detto. Lo scopo di questi articoli è “scavare” su tali temi, dare dei colpi di sonda, ritornare, ripetere in modo nuovo e diverso per cogliere ogni volta nuovi punti di vista, per aumentare la consapevolezza e la “dotta ignoranza”. “Sapere-molto”, sull’altro, è fondamentale per renderci conto che ne sappiamo sempre molto poco. Ripetere, quindi, con parole diverse, secondo prospettive diverse, gli stessi concetti o sintagmi analoghi, può giovare senz’altro al nostro fine.
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Il noi è sempre un “evento” perché non è mai scontato né fa sconti, perché è il felice esito dell’alchimia tra io e tu, frutto di fusioni, fissioni, coinvolgimenti, sconvolgimenti, travolgimenti, rivolgimenti, capovolgimenti, ra-ccoglimenti, accoglimenti.
Il noi è un “fatto”, somma di due persone-personalità-corpi-anime abbastanza compiute (relativamente compiute), quindi già-fatte-ma-sempre-da-fare. In questo caso è un ente che, secondo il pensiero di Aristotele, passa dalla potenza all’atto in continuazione in quanto ascende verso livelli di comunione e consapevolezza sempre maggiori. Nessuna relazione è statica, né definitivamente “arrivata” al traguardo. È una continua evoluzione, una continua trasformazione, e dovrebbe essere direzionata verso la crescita di chi ne fa parte.
L’atto rappresenta una forma di perfezione, di compimento, indica un’azione compiuta, realizzata. Due-io-già-compiuti (relativamente), quindi in atto, sono tuttavia ancora e ininterrottamente in potenza rispetto all’atto del noi, sempre “migliorabile” in comunione, intensità, generosità, rispetto, stima. In questo caso, in quanto atto, il noi è un “fatto”. “Fatto” nel senso di “avvenimento”. Il noi è difatti sempre un avvenimento, una storia, perciò un risultato, una vittoria, una meta, un traguardo, una destinazione. “Fatto” anche nel senso di participio del verbo fare: il noi deve essere fatto, realizzato, costruito. Non accade per caso. Ciò che accade indipendentemente da noi non può proseguire indipendentemente da noi: è necessario l’impegno della costruzione. Nulla si edifica senza partecipazione, lavoro, energia. Il verbo fare, nell’accezione dell’azione, può avere quindi come sinonimo il verbo lavorare. Da ciò deduciamo che ogni noi, ogni relazione, non è mero frutto di chimica spontanea ma laborioso e impegnativo risultato di prove, sconfitte, successi, lavoro Ogni relazione richiede impegno, ogni impegno richiede energia, l’energia si produce lavorando. Ogni noi è il risultato del lavoro di due io che considerano l’altro un tu.
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di Angelo Portale