di Angelo Portale
«La depressione e l’ansia, come la nevrosi in genere, non esisterebbero se le creature umane non sapessero di morire. La nevrosi si situa nel luogo “del saper e non voler morire”. Il grado di queste nevrosi varia a seconda del grado e delle modalità in cui viene percepita la morte», (Valerio Albisetti, psicologo-psicoterapeuta).
Voglio integrare le parole di Albisetti con due versetti della Lettera agli Ebrei che cercano di spiegare il motivo della morte di Cristo: essa avvenne «[…] per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura», Ebrei 2, 14-16.
Premetto che sono credente e che la dimensione dello spirito, che include la religione e la fede, sono fondamentali – a mio avviso – per comprendere più integralmente la persona umana. Ci tengo a sottolineare inoltre, anche se qui non è possibile farne un resoconto esplicativo, che religione e fede non si identificano. Sono collegate ma non sono la stessa cosa.
Poniamo ora la nostra attenzione su due parole: ansia e paura. Il termine ansia etimologicamente viene da angoscia. Quando siamo angosciati lo spirito percepisce una forma di inquietudine, simile alla paura, che lo opprime facendolo vivere in una forma di incertezza-indeterminata. Siamo angosciati ma non sappiamo spiegarci perché. Angoscia, etimologicamente, viene da angustia–angusto, e significa stretto. Nell’angoscia si sentiamo ristretti\costretti dentro qualcosa – non sappiamo cosa – e senza via di scampo. Indiscutibilmente bisogna fare distinzione tra una certa angoscia-esistenziale e quell’ansia patologica che blocca e può diventare evitante e quindi invalidante ma, alla radice, nessuna nevrosi o psicosi è una monade isolata con cause indipendenti. Siamo persone umane, esseri spirituali incarnati, un miscuglio di chimica, di fisica, di spirituale. Siamo un sistema dove tutto è collegato, tutto interagisce.
Per spiegare la differenza tra paura e angoscia a livello esistenziale, faccio riferimento al filosofo Heidegger. In Essere e tempo afferma che paura e angoscia sono le due «situazioni emotive fondamentali dell’uomo». Mentre la paura però ha sempre qualcosa di determinato davanti, cioè è sempre paura di qualcosa di specifico a cui può essere dato un nome e che è possibile affrontare o risolvere o evitare, l’angoscia ha davanti a sé sempre qualcosa di indeterminato. Si è angosciati ma non si sa da dove arrivi la minaccia. Per Heidegger l’angoscia è espressione dell’autenticità della vita di chi sa che esiste la morte ma non mette la testa sotto la sabbia e abbraccia l’esistenza in tutto il suo dramma. L’analisi di Heidegger è senz’altro acuta e profonda ma rimane purtroppo solo ad un livello umano che a me non basta. I versetti della Lettera agli Ebrei, invece, grazie al piano sovrannaturale-spirituale su cui pongono la riflessione, chiariscono e possono dirimere di più la faccenda.
[continua la settimana prossima]