di Elisa Ielpo
Siamo sommersi, in queste ore, dalle terribili immagini di ciò che sta accadendo in Ucraina. Nella notte di giovedì 24 febbraio, Vladimir Putin ha deciso di attaccare Kiev, e l’Europa si è svegliata dinnanzi ad una cruda realtà: ciò che si temeva da qualche settimana, è accaduto. Nelle città ucraine risuonano le sirene antiaeree, in migliaia tentano la fuga, i cittadini sono chiamati alle armi, colonne di fuoco e di fumo si innalzano verso il cielo. Si iniziano a contare le vittime. Sembra lo scenario di un film sulla Grande Guerra, o un documentario sul secondo conflitto mondiale. E invece, tutto questo sta accadendo oggi, nel 2022. Intanto, le borse europee sprofondano e, come accade ormai da giorni, i prezzi delle materie prime e dei generi alimentari stanno salendo alle stelle. Una notizia che sta destando molta preoccupazione, diffusa dai media ucraini, è quella dell’arrivo delle truppe del Cremlino a Chernobyl. “I nostri soldati stanno dando la vita perché la tragedia del 1986 non si ripeta. Questa è una dichiarazione di guerra a tutta l’Europa” ha affermato, tramite un tweet, il presidente ucraino Zelensky. Se ad essere attaccati fossero gli impianti di stoccaggio della centrale, la polvere radioattiva che verrebbe sprigionata causerebbe una catastrofe ecologica irreversibile. I danni ambientali delle guerre e le loro ripercussioni a breve e a lungo termine su uomini, animali, clima e interi ecosistemi non vanno sottovalutati. L’Ucraina è sede di ben 4 centrali nucleari (tra cui quella di Zaporižžja, la più grande in Europa) che dispongono complessivamente di 15 reattori operativi che, in caso di attacco, provocherebbero degli effetti devastanti e pericolosamente nocivi. Ma i danni della guerra sull’ecologia non si manifestano soltanto attraverso gli attacchi a centrali, fabbriche o raffinerie: gli spostamenti dei mezzi militari, per esempio, provocano inquinamento atmosferico e distruggono i territori; gli esodi di intere masse di civili causano deforestazione, danneggiano la biodiversità e determinano problemi di gestione delle risorse idriche. Suolo e acque potrebbero pagare un costo altissimo, come è già accaduto in passato. Fu il conflitto in Kossovo, alla fine del secolo scorso, a fare luce per la prima volta sulle crisi ambientali derivanti dagli scontri bellici. In quell’occasione l’UNEP finanziato dai governi di Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), diede il via al primo vero organo di “Valutazione Ambientale Post-Conflitto” a livello mondiale. Il progetto, Norvegia, Svezia e Regno Unito, valutò l’impatto della guerra sull’ecologia, pubblicando il primo rapporto nell’ottobre del 1999, dal titolo “Il conflitto in Kossovo: ripercussioni sull’ambiente e gli insediamenti umani”.
Molteplici missioni e studi evidenziarono le conseguenze devastanti sulle coltivazioni nei territori prossimi alle zone colpite, l’inquinamento del Danubio, la distruzione della biodiversità, e gli effetti nocivi delle armi all’uranio impoverito, che hanno provocato diversi tipi di cancri e ucciso militari e civili. È evidente che la guerra non rappresenta solo una catastrofe umana ed economica, ma danneggia irreversibilmente anche il posto in cui viviamo. Distruggere e uccidere l’ambiente vuol dire annientare gli altri e se stessi. Questo, chi decide di combattere, dovrebbe saperlo.