di Gabriele Rizza
Svuotato il Parlamento di ogni dibattito, azione, decisione e nascostosi dietro una figura per loro “fortunatamente” ingombrante e autorevole come Mario Draghi, non per adesione o per un progetto, ma per mera sopravvivenza senza prendersi responsabilità, alla politica e ai partiti non restano che le diatribe per le elezioni amministrative. Intendiamoci, nulla è per il bene di Roma, di Torino o di Napoli, è tutto terreno per regolare i conti nelle correnti interne, dare una spallata ai sondaggi, tirare i piedi a chi cresce, far precipitare chi ora è in altro. E pensare che il Comune per storia e tradizione è il perno della democrazia del nostro Paese, dove ruotano, aspirano e si crea la comunità, primo luogo di incontro e di scontro.
Il caso emblematico è quello di Roma, si dice che sia più difficile governare la Capitale che sedere a Palazzo Chigi. Il PD fa finta di organizzare le “primarie”, continuando su una strada che ha portato all’insuccesso e che nulla ha portato alla creazione di programmi, idee e adesione da parte dei cittadini. È solo uno strumento ipocrita dove c’è già scritto il vincitore e gli altri fanno da comparsa. Roberto Gualtieri vincerà senza problemi, considerato anche l’imposizione a Monica Cirinnà di non mettersi in gara, proprio per non ostacolare l’ex ministro dell’economia e firmatario del MES per l’Italia. I concorrenti di Gualtieri sono leader locali del mondo LGBT, tanto per rendere chiara l’idea di quanto le primarie sono un gioco già deciso. Un cattivissimo messaggio in un momento in cui la democrazia e la percezione dei cittadini di essere decisivi e ascoltati vanno sempre più giù, tra governi tecnici, dpcm, coprifuoco e promesse tradite.
Il centrodestra approfitta di Roma per darsi un equilibrio: da una parte c’è una Giorgia Meloni sempre più protagonista, volto del centrodestra e dell’opposizione, che tallona la Lega, primo partito nazionale, portandosi a un solo 0,7% di distanza. Dall’altra c’è Forza Italia, in crisi senza l’abito migliore del Cavaliere, che non vuole sparire e punta la sua sopravvivenza su un successo a guida forzista a Roma. Anche la Lega di Matteo Salvini, da primo partito di opposizione, si trova a far parte del governo e non vuol perdere consenso nella sua fase di “istituzionalizzazione”. Roma appare tutto un esercizio, e le difficoltà nell’individuare il candidato dà ai romani e all’Italia l’idea che non si cerca il profilo migliore ma il più comodo. Il centrodestra deve invece cogliere il momento favorevole per unirsi e stringersi e proporre il meglio che ha, contro il fallimento politico- culturale targato PD e Cinque stelle.