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mercoledì, 20 Novembre, 2024

Comprendere l’islam (II)

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La teologia

Pensando al cristianesimo, una delle vette più alte del pensiero teoretico ad esso connessa è, senza dubbio, la teologia. Dal greco Θεός (Dio) e Λογος (Discorso razionale/parola), la teologia si configura quale analisi razionale e di matrice filosofica circa la natura e le attribuzioni di Dio.

Il mondo occidentale è ricco di grandi pensatori che con le loro speculazioni e pubblicazioni hanno incarnato l’epitome del pensiero teologico, portando il dibattito religioso a livelli di astrattismo mai quasi mai raggiunti da altre religioni.

L’errore che spesso commettiamo, però, esattamente come abbiamo visto nel precedente articolo dedicato all’ortodossia, è pensare alla teologia come qualcosa di unicamente cristiano, escludendo dunque quelle altre religioni che, per natura, sono strutturalmente o sistematicamente differenti.

Quando pensiamo all’Islam, infatti, fatichiamo a vedere una religione ricca dal punto di vista teologico e culturale, imbevuti completamente ormai da secoli di pregiudizi anti-musulmani che traggono la loro radice addirittura dal periodo delle crociate. La realtà dei fatti, però, ci mostra un Islam capace di sviluppare un pensiero teologico profondo, noto con il nome di ‘ilm al-kalām.

Di questa parola, particolarmente rilevante è il termine kalām che se letteralmente può essere tradotta con «discorso», indica in questo caso anche la «parola di Dio» racchiusa nel Corano ed è pertanto ciò che nel cristianesimo e nell’ebraismo il greco ha indicato con il termine λογος.

Il termine arabo indica però anche la facoltà di argomentazione, essendo connesso con il verbo takallama che, appunto, significa tanto parlare quanto argomentare. Il kalām, ossia la teologia islamica, non è solamente quindi un discorso fatto in merito alla parola di Allah contenuta nel Corano, ma è anzi «un vero e proprio stile del pensiero, che nel tempo non è più esclusivo appannaggio delle teologie razionali dell’islam, del cristianesimo e dell’ebraismo, ma stabilisce condizioni di esercizio del ragionamento logico anche per altre discipline»[1]

Il kalām, non va dimenticato, nasce in un ambiente culturale estremamente eterogeneo sul piano religioso poiché l’islam, in questo periodo storico, non è che la religione di una minoranza al potere che deve governare su grandissime distese di terreno al cui interno abitano le religioni più disparate, considerando anche alcune sacche di paganesimo antico dure a morire. La teologia islamica è, per questo motivo, l’estrema ratio di quella elite culturale strettamente dipendente dal potere califfale per dialogare con i popoli e le tradizioni religiose[2] presenti nel medesimo territorio.

È proprio grazie a questo fecondo dialogo con le “culture altre” che nasce il kalām, la teologia, con tutti i suoi temi e le sue rivendicazioni dottrinali e culturali.

A discapito di quanto si è portati a pensare, dunque, non è affatto vero che l’islam sia una religione priva di contenuti o talmente frammentata da risultare incapace di produrre speculazioni teoretiche rilevanti; al contrario, è proprio grazie a questa frammentazione ed al continuo dialogo con le religioni altre che l’islam si è dimostrato capace non solo di fondare una propria dottrina ed un proprio pensiero astratto, ma anche di farlo in modo particolarmente convincente per i popoli con cui entrava in contatto.


[1] L. Capezzone, Medioevo Arabo: una storia dell’Islam medievale (VII-XV secolo), Mondadori Università, Milano 2016, p.80

[2] Solo per quanto concerne il Cristianesimo, si consideri che nei territori governati dai califfi si trovavano minoranze cristiane con dottrine differenti in Egitto, Palestina, Turchia, Iraq, Iran, Egitto ed in molti altri paesi del Nord Africa, oltre naturalmente ai due grandi indirizzi del cattolicesimo romano e dell’ortodossia greca.

di Stefano Sannino

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