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giovedì, 21 Novembre, 2024

CERVELLO VERDE

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di Fabiola Favilli

Le piante hanno il cervello? Se le piante potessero essere annoverate tra gli esseri viventi fu oggetto di discussione tra i filosofi dell’antica Grecia Aristotele e Democrito: Aristotele asseriva che non avendo l’anima che permette loro di essere “animate” esse dovevano appartenere al mondo inorganico, mentre Democrito le considerava molto vicine all’uomo, tanto da immaginarle come uomini capovolti, con la testa nel suolo e le membra in aria. Alla fine Aristotele dovette ricredersi, giacché le piante nascono, crescono, si riproducono, e quindi sono vive, sebbene la loro può considerarsi una vita di basso livello. Il pensiero aristotelico è stato il riferimento nei secoli fino all’illuminismo, ma in fin dei conti anche noi, tutt’oggi, per descrivere una persona le cui funzioni vitali sono ridotte al minimo usiamo l’espressione “è un vegetale”. Democrito fu il padre della teoria secondo la quale tutta la materia è costituita da atomi in continuo movimento intervallati dal vuoto, perciò per lui anche le piante sono vive.


Si dovette attendere gli studi di Carl Nilsson Linneaus (1707-1778) ed i successivi di Charles Darwin (1809-1882) per avere la classificazione e gli studi più approfonditi sul regno vegetale. Da allora, grazie a strumenti sempre più sofisticati, molta strada è stata fatta nell’approfondire il motivo per cui nella maggior parte del nostro pianeta sono presenti questi esseri “inferiori” o “stupidi”: le piante sono molto più intelligenti, complesse e capaci di noi.

Il professor Stefano Mancuso osserva che “le piante sono in grado di produrre ed emettere segnali elettrici su tutte le cellule nei loro corpi. Da questo punto di vista, c’è una sorta di cervello diffuso, mentre negli animali tutto è concentrato in un unico organo”, ed aggiunge “Le piante non hanno neuroni o cervello, è un dato di fatto, ma ciò non significa in alcun caso che siano incapaci di calcolare, apprendere, memorizzare o persino di sensibilità. Non si può evitare di qualificare come intelligenti comportamenti così sofisticati”. La capacità di memorizzare è quindi parte integrante dell’intelligenza delle piante”

Ancora l’eminente specialista nei comportamenti delle piante ci aiuta a comprendere come sono fatte le piante, definendole come “Esseri fissi, incapaci di fuggire che non costituiti da organi. Hanno una struttura modulare, un po’ come i coralli. Quindi, se un erbivoro arriva e mangia l’80% della pianta, il restante 20% sopravvive. Questa è una grande differenza con gli animali. Esse respirano senza polmoni, si disintossicano senza fegato, digeriscono senza intestino … e hanno un’intelligenza senza cervello”.

Daniel Chamovitz, biologo dell’università di Tel-Aviv e autore del libro  «La pianta e i suoi sensi» (Buchet-Chastel, 2014), completa in modo affascinante la descrizione: “non hanno occhi eppure vedono, non hanno nasi e tuttavia sentono, non hanno orecchie e tuttavia reagiscono al suono”.
Secondo Mancuso la percezione dell’uomo nei confronti delle piante è stata condizionata dal fatto che rispetto agli animali esse non si muovono, ma a maggior ragione sono esseri estremamente complessi poiché hanno evoluto tutte le funzioni basandosi sulla fissità.

Un’anatomia diversa è stata sicuramente l’elemento che tracciato nella nostra mente il presupposto errato che le piante siano senza organi: la loro superiorità evolutiva sta proprio nel fatto di avere organi e sensori diffusi in ogni parte. Non potendo fuggire se aggredita, la pianta è in grado di sopravvivere anche con un solo “modulo” vitale rimasto.

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